«Ci sono 37 mila medici, formati, in gran parte specialisti, che hanno un’età tra i 35 ai 50 anni che cercano occupazione. Naturalmente l’occupazione avverrà colmando la gobba pensionistica della pletora degli anni ’80. Quindi siamo già in turnover». Getta acqua sul fuoco degli allarmismi sulla carenza di camici bianchi il vicepresidente della Fnomceo Maurizio Benato, intervenuto al workshop sulle “professioni sanitarie in un Ssn che cambia”, organizzato nell’ambito degli Stati generali della salute. «Si dice sempre che nella sanità c’é una carenza di medici. Voglio sfatare questo allarme sociale che viene lanciato dai politici di volta in volta: i medici non mancano».
I riflettori andrebbero piuttosto puntati, secondo Benato, su una formazione che «sia coerente coi bisogni che vengono espressi dalla popolazione. Una formazione, quindi, che sia biologicamente di alta qualità e che introduca nella formazione del medico quei concetti di umanesimo che sono importanti nella relazione col paziente», ha precisato il vice presidente della Federazione. «Nel nostro Paese – ha proseguito secondo quanto riportato dal sito ufficiale Fnomceo – abbiamo eccellenze clinico-scientifiche che si riflettono in una formazione di alto livello, riconosciuta in ambito internazionale. Ma oggi ci chiediamo se tutto questo sia sufficiente. Ci chiediamo cioè se la tradizionale formazione biomedica – assolutamente coerente con le acuzie – sia oggi anche quella più adeguata alle cronicità ed alle poli patologie». Chiaro che questa domanda, ha sottolineato Benato, «è una provocazione implicita al sistema formativo universitario, che dovrà aprirsi a un nuovo modo di fare didattica, che permetta l’introduzione di tutte quelle scienze umane e tecnologiche che rendono grande la medicina».
All’interno di una sessione che ha visto anche gli interventi di biologi, infermieri, ingegneri clinici, Benato ha terminato il suo intervento ricordando che il mondo medico «è ben conscio che oggi il medico non è più l’unico autore della cura, visto che registriamo la collaborazione con altre 22 professioni sanitarie. Ma proprio in questo mutamento complessivo, sappiamo di essere chiamati a spostarsi da una medicina divisa e settoriale, verso una nuova professionalità basata sulla medicina potenziativa, capace di accompagnare sempre eticamente il cittadino nelle sue scelte di salute».
Focus sulle specializzazioni. «Al Consiglio dei ministri, con il ministro Lorenzin porteremo la proposta di tornare dagli attuali 3.300 posti almeno ai 4.500 dello scorso anno per le scuole di specializzazione. E ci vorranno per farlo almeno 42 milioni», ha detto il ministro dell’Università Stefania Giannini. Inoltre, il ministro ha indicato anche la necessità di rivedere l’ordinamento delle scuole e per farlo sarà necessario che Cun e Salute lavorino assieme, anche per rivedere i criteri di selezione per l’ammissione alle scuole secondo assoluti criteri di meritocrazia.
Allarme sui tagli al personale. «È allarme rosso sulla sanità: se a fronte del necessario ristoro di 80 euro in più a chi ha gli stipendi più bassi, un solo euro fosse di nuovo tagliato al servizio pubblico, si tratterebbe di un atto irresponsabile che denunceremo ai cittadini e del quale chiederemo conto al premier e al ministro della Salute». È quanto ha affermato il segretario della FP Cgil Medici, Massimo Cozza, intervenendo agli Stati generali della salute. «Vorremmo ricordare al ministro Lorenzin – ha detto Cozza – che quando si tagliano risorse a chi lavora in sanità, il taglio in sanità c’è, e i medici e gli infermieri non sono altra cosa. Ci auguriamo che le indiscrezioni per cui sarebbero decurtate le retribuzioni ai dirigenti pubblici che guadagnano oltre 70 mila euro – ha concluso il leader sindacale – non riguardino i medici e i dirigenti del Ssn; sarebbe un altro schiaffo iniquo a chi lavora nella sanità senza distinguere la particolarità di questo compito». (Fonte: Sole24Ore Sanità)