LO SMI AL MINISTRO SACCONI: LA CONVENZIONE DIVENTA UN RAGGIRO

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IL RINNOVO DELLE CONVENZIONI E’ UN RAGGIRO A DANNO DEI MEDICI
LA CATEGORIA, OSTAGGIO DI REGIONI, ENPAM E GOVERNO, PERDE LA META’  DEGLI INCREMENTI ECONOMICI PREVISTI DALLA PREINTESA
Il Sindacato dei Medici Italiani (SMI), ha inviato una lettera (la trovate di seguito) al ministro del Welfare, Maurizio Sacconi criticando duramente la preintesa per il rinnovo delle convenzioni dei medici di medicina generale, specialistica ambulatoriale e pediatri, firmata il 22 dicembre. Chiesto formalmente un incontro al ministro e la riapertura delle trattative.

Salvo Calì, segretario nazionale dello SMI, ha spiegato le ragioni che lo hanno portato a inviare questa Lettera Aperta: «Da mesi chiediamo solo che vengano dati gli arretrati: “pochi, maledetti e subito”. Invece, dopo una lunga, troppo lunga trattativa, arriva il regalo di natale: “la preintesa-pasticcio”. Il famoso 4,85% promesso si riduce ad un misero 3%. Spiccioli. E chissà quando arriveranno! In compenso gli obblighi e le norme vessatorie non mancano.

L’Enpam voleva più soldi e glieli hanno dati. Le Regioni volevano cambi organizzativi a “costo zero” che snaturano il lavoro dei medici. Li hanno serviti. Il Governo voleva risparmiare. L’ha ottenuto. Rimane un mistero: perchè alcuni sindacati si sono affrettati a firmare ? La stessa fretta qualche anno fa, fece perdere ai medici convenzionati quel “lodo Fini” (uno 0,7% in più) che invece venne riconosciuto agli ospedalieri. Ora un altro accordo con una tempistica sciagurata».

«I medici di medicina generale e del territorio – ha concluso Calì -sono il fulcro delle cure primarie e il futuro di una sanità moderna in grado di rispondere alle sfide di una domanda di salute radicalmente mutata. Invece, siamo alle solite: sottovalutazione del tema delle risorse,  ancora inadeguate, nessun progetto concordato con i medici per la riorganizzazione dei servizi sul territorio, nessuna attenzione alla sofferenza economica di una categoria che subisce una forte pressione fiscale e inflattiva. Per tutte queste ragioni, chiediamo un incontro al ministro e che si riaprano le trattativa»

Roma, 21 gennaio 2009 

LA LETTERA APERTA AL MINISTRO MAURIZIO SACCONI
 

                                                                                                                                                 Alla Cortese Attenzione

                                                                                                                                                del Sen. Maurizio Saccconi

                                                                                                                                                Ministro del Welfare e Salute

Onorevole Ministro,

Le scrivo per rappresentarLe il profondo disagio dei medici convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, a seguito della sottoscrizione della cosiddetta “preintesa” tra la SISAC e alcune organizzazioni sindacali. Potrebbe apparirLe tanto ingenuo quanto velleitario scriverLe questa lettera aperta a fronte di una bozza di accordo già sottoscritta da organizzazioni sindacali che rappresentano la maggioranza dei medici interessati. Ciononostante, credo sia opportuno illustrarLe i motivi della nostra non adesione, che riflettono appunto il profondo disagio di tutta la categoria e non solo degli iscritti al Sindacato dei Medici Italiani.

La preintesa  presenta diverse criticità formali e sostanziali. Sotto il profilo formale, a tutt’oggi il Consiglio dei Ministri non ha ancora emanato l’atto di indirizzo nella attuale proposta del comitato di settore. Ancora, l’accordo prevede un significativo incremento dei contributi previdenziali, pari all’1,50 %, ma la lettera del presidente dell’ENPAM, peraltro genericamente motivata, è pervenuta alla SISAC soltanto dopo la sottoscrizione della preintesa. A mio avviso quindi, il 22 dicembre scorso, è stato sottoscritto un accordo  privo di qualsiasi efficacia, non essendo la SISAC abilitata a sottoscrivere alcunché in assenza di una formale approvazione dell’atto di indirizzo e di una procedura limpida, anche per quanto riguarda il raddoppio dei premi assicurativi, nei rapporti con l’ENPAM. Insomma un pasticcio…natalizio!

            Per quanto riguarda i contenuti della preintesa, è opportuno preliminarmente  ricordare che i medici convenzionati non hanno percepito nella precedente contrattazione il cosiddetto “lodo Fini” (0,7%), corrisposto a tutto il pubblico impiego, pur essendo le dinamiche retributive dei medici convenzionati agganciate a quelle del pubblico impiego. Le trattative regionali, inoltre, da cui dipendevano parte degli incrementi retributivi della precedente convenzione, si sono concluse con notevole ritardo nella maggior parte dei casi, mentre ancora oggi alcune trattative non sono ultimate, con significativo danno economico per i medici.

I contenuti economici e normativi della preintesa suscitano quindi non poche perplessità. A fronte di un previsto incremento economico del 4,85% che, grazie anche al suo autorevole intervento, è stato oggetto di contrattazione soltanto nazionale, i medici convenzionati (medici di medicina generale – di famiglia, di continuità assistenziale, dei servizi e dell’emergenza territoriale – pediatri di libera scelta e specialisti ambulatoriali interni) percepiranno nella realtà poco meno del 3%. Ciò perché il 4,85% è disponibile integralmente soltanto a partire dal 1° gennaio 2008, ma soprattutto perché l’incremento della contribuzione ENPAM grava interamente sul 4,85%, e non invece, come apparirebbe dalla lettura dell’accordo,  per l’1% sulla parte pubblica e per lo 0,50% sui medici. A fronte quindi di un men che modesto incremento economico (stimato in circa 250,00 euro lorde mensili per i medici di famiglia a 1500 scelte, i cosiddetti massimalisti – poco più di 15 mila – che scendono invece a 160 euro lorde mensili per i medici con 1000 scelte. Invece, per i medici a rapporto orario – continuità assistenziale, emergenza territoriale e medicina dei servizi – da 120,00 a 200,00 euro lorde mensili), sia le regioni che il ministero dell’economia hanno preteso alcuni obblighi da inserire nel contratto. Le regioni infatti hanno preteso l’adesione obbligatoria “a scatola chiusa” alle forme organizzative strutturali e funzionali che esse vorranno istituire, mentre il ministero ha imposto – pena pesanti sanzioni economiche, fino addirittura alla revoca della convenzione – la prescrizione su ricetta elettronica e l’invio telematico dei dati di attività, comprese le visite ambulatoriali e domiciliari anche quando non seguite da prescrizione.

Non c’è dubbio alcuno che l’area delle cure primarie necessita di una rapida riorganizzazione alla luce dei profondi mutamenti demografici e nosologici  degli ultimi anni, che hanno prodotto significative ripercussioni sulla domanda sanitaria. Il Sindacato dei Medici Italiani ritiene strategica l’area delle cure primarie nel futuro assetto del SSN. Proprio per queste ragioni ha, in più occasioni, manifestato perplessità in ordine alla debolezza e insufficienza dello strumento contrattuale per disciplinare l’organizzazione dell’area, ritenendo più produttivo un impegno normativo nazionale, non già per espropriare le regioni delle loro prerogative, quanto per garantire una base omogenea su tutto il territorio nazionale dell’organizzazione delle prestazioni erogate. Semplificando, per garantire in modo standardizzato le prestazioni previste dai LEA, è necessario definire sul versante dell’erogazione la standardizzazione di modelli organizzativi minimi, che le regioni possono poi implementare nelle forme che riterranno più opportune anche attraverso un confronto con le OO.SS. in sede decentrata.

Non è produttivo continuare a percorrere una strada, che a distanza di 25 anni dal primo accordo sulla medicina di gruppo, fortemente sostenuta in quella occasione dall’allora CUMI, si è rivelata, pur con qualche risultato positivo, peraltro concentrato in poche regioni, dispersiva sotto il profilo delle scarse risorse economiche e frammentaria nei risultati organizzativi. In assenza degli investimenti necessari e di un robusto impulso normativo, la debole articolazione di un accordo contrattuale potrà contribuire soltanto a stabilizzare

alcune situazioni in essere o alle velleità di carriera di qualche collega, in ogni caso con maggiori oneri per i medici, ma senza vantaggi effettivi per il SSN.

I superiori obblighi della pre-intesa poi pongono, a nostro avviso, problemi in ordine agli aspetti giuridici del rapporto di lavoro. Se l’azienda indica al medico il luogo e l’orario di lavoro e ne controlla minuziosamente l’operato, ancor più di quanto avvenga nella dirigenza medica, non c’è dubbio alcuno che si profila una tipologia di rapporto di lavoro subordinato, con buona pace dell’attuale rapporto libero-professionale della convenzione, a meno che non  si pensi a soggetti giuridici terzi (società a responsabilità limitata, cooperative, ecc.) ai quali appaltare pezzi del sottosistema sanitario delle cure primarie.

            In metafora, i medici convenzionati assomigliano al classico vaso di coccio tra i…tre…vasi di ferro: a fronte di incrementi economici risibili che non ristorano neanche l’inflazione, il Governo impone l’obbligo della ricetta elettronica, le Regioni impongono l’adesione obbligatoria alle organizzazioni funzionali e strutturali e l’ENPAM impone una maggiore contribuzione. I medici…subiscono, ma un SSN con medici impoveriti e subornati non potrà che dare povere prestazioni.

            Colgo l’occasione per chiederLe formalmente un incontro e per porgerLe i più cordiali saluti.

Il segretario                 

 Salvo Calì