Una nota del dicastero chiede l’attivazione di misure di vigilanza e sorveglianza nei punti di ingresso internazionali in Italia. La nuova infezione, partita dalla Guinea, si sta diffondendo nel centro Africa
E’ scattata anche in Italia l’allerta per il virus “Ebola”. Con una circolare del 4 aprile, il Ministero della Sanità ha comunicato l’attivazione di misure di vigilanza e sorveglianza nei punti di ingresso internazionali in Italia. La nota è stata inviata all’Enac, alla Farnesina, a tutte le regioni ed alla Croce Rossa Italiana. Per la prima volta, dal 1970 ad oggi, la nota dell’allarme è stata trasmessa anche al Ministero della Difesa.
Le procedure attivate dal Ministero della Salute prevedono controlli sugli ingressi nel territorio nazionale e un monitoraggio, affidato al Ministero degli Esteri, degli italiani presenti nei paesi colpiti dall’epidemia. L’intero asset delle capacità diagnostiche del Paese – si legge sempre nella nota – è affidato all’Istituto Spallanzani di Roma che “dispone dell’unico laboratorio a massimo livello di bio contenimento”.
Il dato che preoccupa maggiormente gli scienziati è il tempo di incubazione del virus che varia dai 2 a i 21 giorni per la trasmissione a contatto con sangue e secrezioni, ed arriva sino ai 49 giorni per contagio derivante dallo sperma.
Nel documento realizzato dal dipartimento generale per la prevenzione si fa cenno alla necessità di controllare gli arrivi “diretti e indiretti”: un chiaro riferimento all’onda di migranti che proprio in queste ore sta facendo rotta su Lampedusa. Proprio nell’isola cerniera con i fenomeni migratori, l’Italia rischia di essere impreparata a fronteggiare quella che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la più grave epidemia degli ultimi anni. Nelle ultime 72 ore, a Lampedusa si è registrata la più grande ondata migratoria a partire dal 2011, quando nell’isola delle Pelagie arrivarono più di 50 mila migranti. Con il centro chiuso per lavori di ristrutturazione, i migranti intercettati dalla pattuglie navali di “Mare Nostrum” – il programma della marina Militare per contrastare gli sbarchi – vengono trasferiti sulla terraferma o restano in attesa sulla banchina del porto di Lampedusa, in condizioni igieniche disastrose.
A centinaia. “I migranti arrivati in questi giorni – racconta all’Espresso, Pietro Bartolo, coordinatore sanitario dell’isola – provengono in gran parte dalla Libia e questo dovrebbe escludere la presenza di portatori del virus ebola. Ma in ogni caso è meglio stare con gli occhi aperti perché la situazione è drammatica e non è possibile procedere all’identificazione dei migranti che arrivano”. Insomma, nessuna certezza su chi arriva e da dove a Lampedusa.
E’ da almeno dieci anni che le agenzie di intelligence di tutto il mondo avevano lanciato il rischio del bioterrorismo. Questa nuova ondata del virus Ebola, che si caratterizza con il ceppo “Zaire”, il più virale, potrebbe anche rientrare proprio nella casistica degli attacchi bioterroristici. L’epicentro della nuova infezione è la Guinea, dove dal 7 aprile sono stati registrati 151 casi con 95 decessi. Ebola sta già camminando nel centro Africa e ha colpito in Sierra Leone, Mali e Liberia. Secondo la classificazione di rischio dell’Organizzazione mondiale della Sanità , l’epidemia del 2014 è classificata come “serious public health impact”, come “evento raro, insolito o inaspettato” ed a rischio, seppure basso, di “diffusione internazionale”. L’epidemia non era stata prevista dalle autorità mondiali del settore sanitario.
Questi parametri hanno mobilitato le agenzie di intelligence, anche l’Aise italiana, che hanno mobilitato la rete di informatori per comprendere se l’esplosione di questa nuova epidemia sia un fatto casuale o sia stata provocata volutamente: un atto di bioterrorismo? Ipotesi chela comunità internazionale dell’intelligence ha formulato da parecchi anni. Basta ricordare quanto dichiarava nel 2002, Luciana Borio, docente del Johns Hopkins Center for Civilian Biodefense Strategies: ”Un’epidemia di Ebola avrebbe un impatto fortissimo nella nostra società , sia per l’elevata mortalità sia per l’assoluta mancanza di cure. Certo e’ impossibile predire con quale probabilità questi virus potrebbero essere utilizzati in attacchi biologici. Ma sappiamo che non e’ affatto impossibile trasformarli in armi. Per questo abbiamo l’obbligo di prepararci”. (Fonte: L’Espresso)