Immagine e comunicazione della professione medica

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Di Ermanno De Fazi, Civitavecchia, un articolo sulla filosofia della comunicazione e cooperazione tra agenti multipli finalizzata all’ aderenza deontologica delle "nuove regole" rispetto agli obiettivi sociali. Il contratto, che lega giuridicamente il medico a obiettivi d’interesse pubblico, è un modo di gestire l’insieme d’informazioni mediante il quale la società assegna un significato intrinseco a tale professionista. I livelli di negoziazione si delineano, quindi, come aree di sviluppo del knowledge management professionale, ovvero del rapporto che s’instaura fra conoscenza, rappresentazione e comunicazione delle competenze offerte dal medico al cittadino.
Le argomentazioni sviluppate da Luigi Einaudi nelle Lezioni di politica sociale (1944), oggetto di un Convegno tenutosi a Roma il 13 maggio 2008 presso la sede della Banca d’Italia, hanno riportato in auge la necessità di distinguere, su basi epistemologiche, le attività umane coinvolte nella “determinazione degli obiettivi” economico-sociali e nella “analisi dei mezzi” utilizzati nel perseguirli.
In conformità ai principi del filosofo e amico Giovanni Vailati,  Einaudi giunse ad affermare che la stessa persona può agire e pensare da economista (quando utilizza gli enunciati della scienza economica) e da politico (quando definisce gli obiettivi da raggiungere). Le due facoltà sono unite non dall’inferenza della realtà preesistente, bensì dall’utilizzo di un linguaggio scientifico, il cui rigore semantico è un indispensabile strumento di conoscenza e di ordinamento dei dati empirici.
La tesi neoliberista di Einaudi si è consolidata nell’asserzione che il concetto di utilità sociale non ha fondamento teorico, in quanto le utilità individuali sono incomparabili e per questo non possono essere sommate. Nella prospettiva odierna, qualsiasi tentativo di definire una funzione del “benessere sociale” deve iniziare dall’analisi delle modalità di aggregazione delle strategie e delle preferenze individuali (scelte autoreferenziali) e proseguire nella ponderazione del passaggio dal livello di complessità individuale a quello collettivo, dove sono proposte le soluzioni a problemi oggettivi e condivisibili. Il confronto fra le utilità dei singoli è destituito di ogni ruolo nella governance sociale e lascia il posto alla verifica della congruità fra obiettivi e strumenti nelle dinamiche individuali emergenti.
L’individuo occupa un livello di complessità superiore alla società cui appartiene. Il cervello di un uomo contiene circa 1011 – 1012 neuroni e 1014 – 1015 sinapsi. La complessità delle funzioni svolte dal sistema nervoso centrale non è limitata alla struttura, ma dipende dalla rete di connessioni che si formano continuamente fra i neuroni. Oggi, 9 dicembre 2008, alle ore 16,30 il United States Census Bureau informa nella home page del proprio sito (http://www.census.gov) che la popolazione mondiale è costituita da 6,74×109 individui, ordine di grandezza inferiore al numero totale dei componenti strutturali e funzionali del sistema nervoso di un solo individuo. Inoltre, tra tutte le proprietà macroscopiche esibite dal sistema nervoso umano, compresi i prodotti tecnologici, quelle che rendono possibile la partecipazione degli individui alla vita sociale sono soltanto qualche decina, indicate nell’elenco degli items che costituiscono l’International Classification of Functioning, Disability and Health (WHO, ICF-2001).
Le nostre comunità si sono evolute grazie ad un ricco patrimonio di leggi del pensiero, come indicato nell’ultimo capitolo del Vecchio Testamento (“Essa [la Sapienza] è più bella del sole e supera ogni costellazione”, Sp 7, 29). Per questa ragione, il pensiero costituisce uno spazio collettivo all’interno del quale l’individuo eleva se stesso al rango di persona.
Non deve sorprendere che siano stati proprio gli atti del Concilio Vaticano II a porre la persona umana al centro della Chiesa e delle società moderne. Mentre le Nazioni collaborano al fine di controllare materiali grezzi e fonti energetiche disponibili, le persone si aggregano per mezzo delle idee e dei sistemi di comunicazione. Fenomeni di grande rilevanza economico-sociale come l’associativismo ed il cooperativismo meriterebbero di essere analizzati sul piano dell’induzione scientifica, soprattutto nel caso investano i settori delle attività culturali e delle professioni. Il significato da attribuire alle azioni legislative che recentemente hanno modificato l’assetto e le potenzialità di sviluppo della Medicina generale è quello della costruzione di un sistema, basato su antefatti economici e politici estranei ai principi deontologici del medico, orientato al controllo delle risorse umane e dei flussi economici in gioco nella governance della Salute.
Concordi nell’accettare gli obiettivi comunitari, europei e nazionali, affermiamo che il processo d’integrazione delle forze sociali nella gestione del benessere della persona, quanto della collettività, possa espandersi solo a partire dall’empowerment delle figure professionali competenti e dei cittadini, non da una meccanica legge di distribuzione delle risorse iniziali.
Il Sindacato dei Medici Italiani intende offrire un sostanziale contributo alla diffusione di tali idee, affinchè gli effetti cooperativi e non-cooperativi del futuro Accordo Collettivo non si pongano come pregiudizio allo stato deontologico del Medico di Medicina generale, bensì siano due diverse opzioni nel passaggio dalla eterogenea dimensione del singolo professionista alla omogeneità degli obiettivi sociali che deve raggiungere. Importanti contributi scientifici sono stati offerti dal Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Montreal: in modelli teorici a due agenti (Y. Sprumont, 1997) o agenti multipli (H. Benchekroun, N. Van Long, 2006), tutti con le stesse proprietà funzionali, è stato dimostrato che il comportamento cooperativo può essere sviluppato a partire da dinamiche non cooperative, ma non è vero il contrario. Sebbene il cooperative behaviour possa esprimere meglio l’equilibrio fra i due beni finali, “ private good” e “public good”, il non-cooperative behaviour, coma già suggerito da John F. Nash, misura e controlla la capacità del singolo nella partecipazione attiva al bene sociale.