«Eravamo in attesa della nomina del nuovo direttore generale e invece con sorpresa abbiamo constatato che saremo declassati». È Nicola Mangialardi, primario del reparto di chirurgia vascolare del San Filippo Neri, a ribadire all’assemblea dei medici dell’ospedale romano il declassamento della struttura da azienda sanitaria a presidio a gestione diretta della Asl RmE.
Operazione che, secondo i programmi operativi della Regione Lazio per il triennio 2013-2015, dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno. Una scelta motivata dal disavanzo cumulato nel 2012 dall’ospedale e che rappresenterebbe il 17% dell’intero disavanzo sanitario regionale. Secondo i piani della Regione per il San Filippo Neri si prospetterebbe il rafforzamento della sinergia con il Santo Spirito, altro ospedale capitolino che potrà così trasferire una parte della propria attività alla struttura sanitaria di Via Trionfale. Domani, martedì 15 aprile, l’appuntamento con la verifica da parte del ministero della Salute.
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Il comitato
Proprio alla luce di questo provvedimento, questa mattina i medici dell’ospedale capitolino si sono riuniti in assemblea, costituendo il Comitato per la difesa dell’autonomia aziendale del San Filippo Neri. «Un termine infelice quello del declassamento – ha affermato Nicola Mangialardi che del comitato ne è l’animatore -, un termine triste e violento. Ma ora ci chiediamo: possibile che ci ammazzano? Sono due anni che viviamo di incertezze, speravamo di uscire dal tunnel e invece ora scopriamo questo». Secondo Mangialardi, però, «ci sono reparti in questo ospedale che attraggono e continuano ad attrarre cittadini che vengono da fuori Roma. Abbiamo circa il 20% di ricoveri extraregionali. Vorremmo quindi che l’ospedale restasse autosufficiente, anche perché è l’unica struttura pubblica del quadrante Nord della capitale».
Per il direttore facente funzioni dell’unità operativa di cardiologia, Furio Colivicchi, «la prospettiva del declassamento a presidio comporterebbe la sostanziale compromissione della nostra capacità operativa. Qui facciamo cose che nel Lazio nessun altro fa e questo vale per molte specialità, siamo una risorsa per la sanità pubblica».
Mauro Granata, responsabile dell’unità operativa di reumatologia, ha posto l’accento sulla proposta di chiusura del reparto: «Una scelta che comporterà il trasferimento di tutti i nostri pazienti presso altre unità di Roma e del Lazio». «Un duro colpo – ha sottolineato Granata – ma voglio testimonare il fortissimo disagio dei pazienti che stiamo cercando di gestire. Quando si prendono decisioni è necessario comprendere che il paziente è al centro della nostra attività». (Fonte: Il Sole24ore Sanità)