Lavanderia, pulizia, mensa, elaborazione dati, smaltimento rifiuti, utenze telefoniche, premi assicurativi, spese legali. Gli acquisti di beni e servizi non legati alle terapie possono essere una fonte di spreco che si attesta a oltre 430 milioni di euro per Asl e ospedali. A calcolarlo un gruppo di esperti del Ceis Eehta, università di Tor Vergata di Roma, del Libro bianco Ispe-Sanità sulla ‘Corruption’ e del Rapporto Trasparency-Rissc su ‘Corruzione e sprechi in sanita”, presentati oggi a Roma.
Il punto di partenza dei ricercatori è stata l’analisi delle differenze tra Asl e ospedali nei costi non sanitari, cioé non direttamente legati ad esisti di salute. Dai risultati i risparmi totali legati alle 8 voci di spesa esaminate (lavanderia, pulizia, mensa, elaborazione dati, smaltimento rifiuti, utenze telefoniche, premi assicurativi, spese legali) si attestavano a 896.217.674 di euro per le Asl e 964.350.254 di euro per le aziende sanitarie. Queste voci rappresentano approssimativamente il 4,3% della spesa sanitaria pubblica: di conseguenza, lo ‘spreco’ di risorse per punto percentuale di spesa sanitaria pubblica ammonta a 208.422.715 di euro per le Asl e 224.267.501 di euro degli ospedali. (Fonte: Adnkronos Salute)