La stima di quella che viene definita la “corruption” complessiva della sanità si basa su diversi studi raccolti nel volume che sarà presentato oggi a Roma. Sui 114 mld di spesa sanitaria del 2013, bruciati 6,4 mld per corruzione, 3,2 mld per inefficienza e 14 mld per sprechi di risorse. Per la corruzione maglia nera al Sud con il 41% dei casi. Ma se ne può uscire e gli strumenti non mancano. IL RAPPORTO.
E’ di appena 48 ore fa la notizia contenuta nel rapporto della Guardia di Finanza che ha mostrato come in Italia, solo nel 2013, si siano registrate truffe e danni erariali al Servizio sanitario nazionale per oltre 1 miliardo di euro. Ma il dato reale (compresi quindi anche gli episodi non sanzionati) potrebbe essere molto più ‘pesante’. Partendo dai 114 mld di spesa sanitaria per il 2013, è stato rilevato che la corruzione incide per 6,4 mld, a cui vanno sommati 3,2 mld di inefficienza e 14 mld di sprechi per un totale di 23 mld di corruption totale. A livello territoriale, analizzando il dato sulla corruzione, si rileva che il 41% dei casi avviene al Sud, il 30% al Centro, il 23% al Nord e il 6% è costituito da diversi reati compiuti in più luoghi. Questi i numeri shock contenuti nel primo Libro bianco dell’Istituto per la promozione dell’etica in sanità (Ispe-Sanità).
Il testo, che verrà presentato oggi a Roma, ha l’ambizione di rappresentare un punto di partenza nel contrasto proprio a quei fenomeni di corruzione, sprechi ed inefficienze che minano, in un’ottica di medio termine, la sostenibilità del nostro sistema sanitario. Dall’estratto del report su “Corruzione e Sprechi in Sanità”, pubblicato da RiSSC e Transparency International Italia, nel 2013 nel settore sanitario emergono alcune caratteristiche che rendono la Sanità particolarmente vulnerabile alla corruzione.
L’indagine individua cinque ambiti particolarmente permeati da fenomeni corruttivi: nomine, farmaceutica, procurement, negligenza e sanità privata.
Ed in dettaglio per ogni ambito sono stati individuati diversi potenziali fenomeni:
Nomine: ingerenza politica, conflitto di interessi, revolving doors, spoil system, insindacabilità, discrezionalità, carenza di competenze.
Farmaceutica: aumento artificioso dei prezzi, brevetti, comparaggio, falsa ricerca scientifica, prescrizioni fasulle, prescrizioni non necessarie, rimborsi fasulli.
Procurement: gare non necessarie, procedure non corrette, gare orientate o cartelli, infiltrazione crimine organizzato, carenza di controlli, false attestazioni di forniture, inadempimenti-irregolarità non rilevate.
Negligenza: scorrimento liste d’attesa, dirottamento verso sanità privata; false dichiarazioni (intramoenia); omessi versamenti (intramoenia).
Sanità privata: mancata concorrenza, mancato controllo requisiti, ostacoli all’ingresso e scarso turnover, prestazioni inutili, false registrazioni drg, falso documentale.
Le stime più accreditate circa il tasso medio di corruzione e frode in sanità sono quelle di Leys e Button che nel 2013 lo hanno stimato in 5,59%, con un intervallo che varia tra il 3,29 e il 10%. Per la sanità Italiana, se si applicassero questi valori, che vale circa 110 miliardi di euro annuo, questo si tradurrebbe in un danno di circa 6 miliardi di euro all’anno. Si tratta però come detto di una stima basata su interviste e valutazioni di esperti. Il gruppo di lavoro di Francesco Mennini (Cwis Eehta, Università di Tor Vergata) e Americo Cicchetti (Altems, Università Cattolica, Roma) ha tentato di superare, almeno per l’Italia, l’aleatorietà di questa stima ed hanno cercato di effettuare un primo tentativo di calcolo. Dai risultati dell’analisi è emerso come le 8 voci di spesa prese in esame ammontino ad una cifra pari a circa € 896.217.674 per le Asl e € 964.350.254 per le Ao. Tali voci rappresentano approssimativamente il 4,3% della spesa sanitaria pubblica (dati 2010): di conseguenza, lo “spreco” di risorse per punto percentuale di spesa sanitaria pubblica ammonta a € 208.422.715 per le Asl e € 224.267.501 per le Ao.
A livello macro si è tentato l’obiettivo più ambizioso di stimare il costo della corruzione, considerando i valori oltre il 75° percentile che riguardano la spesa fortemente in eccesso non giustificata. Il costo della corruzione, stimato sulla base dei modelli CE e dalla considerazione degli sprechi e dei danni erariali liquidati in favore dello stato, raggiunge la soglia di 5,6 miliardi di euro, pari a circa il 5% della spesa sanitaria pubblica in Italia.
Ma l’Ispe-Sanità si è spinto ancora oltre cercando di valutare l’impatto complessivo della corruption in Sanità ovvero la corruzione in senso stretto sommata ad inefficienze e sprechi. E il quadro è desolante: la corruption totale viene infatti stimata in 23,6 miliardi di euro l’anno.
Entrando nello specifico dell’analisi dei fenomeni di corruzione e spreco si è poi tentato di individuare e catalogare gli sprechi imputabili alla attività e volontarietà dei medici: una sorta di panoramica di tutti quegli atti che scientemente i clinici ogni giorno compiono per le motivazioni più varie generando inefficienze.
Sono state individuate quattro cause per questo tipo di sprechi:
1) sprechi di “necessità”,
2)sprechi per “ignoranza”,
3) sprechi per “medicina difensiva”,
4) sprechi per “investimenti professionali mancati”.
Nella seconda parte del Rapporto il testo si concentra sulle proposte di azioni o strumenti migliorativi del fenomeno corruttivo. E’ stato dunque sviluppato un modello di analisi delle gestione economico-finanziaria delle Asl italiane capace di individuare, per le Regioni e le voci oggetto dell’analisi, le aree di inefficienza, spreco e di potenziale corruzione all’interno del nostro sistema sanitario. Questa prima applicazione del modello, limitata a 5 Regioni, ha evidenziato come la Lombardia, l’Emilia Romagna ed il Veneto siano caratterizzate da modelli gestionali integrati e come tutte le loro Asl siano strettamente connesse tra di loro. E questo è sicuramente un primo indicatore di efficienza gestionale. Infatti, aver organizzato la rete assistenziale Regionale utilizzando i medesimi approcci economico gestionali permette da una parte di fornire servizi più integrati alla popolazione assistita e dall’altra di controllare il corretto utilizzo delle risorse impiegate. Di contro, Lazio e la Campania sono caratterizzate da modelli gestionali completamente disaggregati, tanto dal punto di vista organizzativo-gestionale che da quello economico-finanziario. Se ne deduce che il discrimine che trasforma l’inefficienza e gli sprechi nella corruzione è determinata dalla presenza o meno di una strategia che persegue la disaggregazione gestionale.
Nel confronto tra le diverse Regioni si è notato come l’applicazione del modello lombardo, con l’eccezione di alcune poche Asl, permetterebbe alle altre Regioni di raggiungere migliori risultati in termini economico gestionali con evidenti ricadute positive per l’efficacia e l’efficienza del sistema.
Sono stati poi analizzati i processi di acquisto aziendale con il fine ultimo di creare e proporre uno Strumento Operativo di Controllo per il monitoraggio dei livelli di Corruzione aziendale: il Socc (questo l’acronimo), che comprende oltre 50 indicatori standard relativi al processo acquisti.
A livello territoriale si sono infine proposte una serie di azioni per superare l’attuale empasse funzionale dei “piani di rientro” che da strumento straordinario sono divenuti gestione ordinaria ed avviare un serio e sostenibile programma commissariale che restituisca a tali Regioni livelli di funzionalità sostenibile entro 12-18 mesi. (Fonte: Quotidiano Sanità)