Per la Società scientifica italiana per la medicina e la governance del territorio è necessaria una semplificazione dei processi prescrittivi ed una seria responsabilizzazione sull’appropriatezza diagnostica. Anche attraverso un sistema premiale per i medici che prescrivono bene.
Di fronte ad una crisi economica che in questi anni ha portato a tagli importanti sulla sanità, il mondo dei medici dice basta a dover decidere se prescrivere o meno un farmaco sulla base del suo costo. Al medico spettano altri ruoli, non certo quello del contenimento della spesa che è dell’organizzazione regionale e nazionale. E’ questo uno dei messaggi che si è voluto lanciare nel corso del convegno “Farmaci a prescrizione ambulatoriale ad alto impatto economico: dalla clinica al piano terapeutico” organizzato a Milano dalla Società scientifica italiana per la medicina e la governance del territorio (Smigt).
“Il costo dei farmaci non può essere un elemento di discriminazione – spiega Carlo Montaperto, presidente Smigt – anche perché il loro prezzo viene determinato dalla contrattazione tra azienda farmaceutica e l’Aifa. Il contenimento della spesa spetta all’amministrazione, al medico invece compete l’appropriatezza prescrittiva. Finora si è data ai medici di medicina generale e ai medici in generale una responsabilità economica sui farmaci che non in realtà non gli competerebbe”. Anzi. L’enorme burocrazia che si è accumulata in questi anni sulle spalle dei medici di base e del territorio “ha portato ad una forte variabilità delle prescrizioni – continua – tanto che in alcuni casi si ha un’ipoprescrizione del farmaco da parte del medico per non essere sovrastato dalla burocrazia, in altri casi invece un eccesso di prescrizioni. Si tratta di fluttuazioni che invece sono molto più modeste negli ospedali”.
Quello che servirebbe, secondo Montaperto, è una “semplificazione dei processi prescrittivi ed una seria responsabilizzazione sull’appropriatezza diagnostica – prosegue – Le asl dovrebbero operare una vigilanza maggiore, ed esserci un confronto tra pari, con una specie di peer commission, sui comportamenti da attuare in ambito economico e non medico. Le aziende farmaceutiche dovrebbero premiare il medico che prescrive in modo più appropriato”.
E che non si debba pensare solo al contenimento della spesa, ne è convinto anche Francesco Longo, professore associato del Dipartimento di Analisi delle Politiche e Management Pubblico dell’università Bocconi di Milano, secondo cui le opzioni percorribili sono due. “La prima si basa prevalentemente sulla razionalizzazione degli input, politica che è oggi largamente dominante verso le regioni sottoposte a piani di rientro, dove continuano a prevalere le misure di cost-cutting, che hanno prodotto risultati in termini di riduzione dei tassi di crescita della spesa”. Se il punto di vista necessario fosse solo quello finanziario, continua, “potremmo tranquillamente parlare di un’azione incisiva e di successo. Esistono però almeno due altri punti di vista rilevanti. I tagli lineari per input infatti costituiscono una punizione implicita per chi ha sempre lavorato secondo volumi produttivi standard, e premiano coloro che sono stati inefficienti”. Il secondo punto di vista è quello della coerenza della geografia dei servizi con il quadro epidemiologico e le priorità necessarie.
“Un taglio lineare degli input lascia inalterata la geografia dei servizi, indifferente alla coerenza di questi al quadro dei bisogni – prosegue Longo – I bisogni oggi emergenti sono soprattutto l’epidemia delle malattia croniche, che difficilmente possono trovare una risposta appropriata in una geografia dei servizi focalizzata sull’acuzie, la non autosufficienza e la fragilità degli anziani, che richiedono strutture intermedie calibrate e costo-efficaci”.
Perché il sistema sia più coerente all’epidemiologia emergente, Longo propone alcune misure, come la rimodulazione dei posti letto ospedalieri, valutando se ridurre i posti in tutti gli ospedali con uguali o diverse percentuali o concentrarsi sulla trasformazione radicale di interi presidi, sviluppare centri ambulatoriali complessi per aumentare l’offerta ambulatoriale, in particolare quella integrata con le cure primarie, la diffusione di modelli di disease management per la cronicità come il cronic care model toscano o il Creg lombardo, l’aumento e lo sviluppo di posti letto socio-sanitari in strutture intermedie o attraverso la trasformazione di ospedali pre-esistenti o con l’upgrading di strutture socio-sanitarie già esistenti. (Fonte: Quotidiano Sanità)