Cassazione: non si impugna l’ordinanza che dichiara inammissibile un appello che non può essere accolto. Come intendere la “colpa lieve” medica

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La Cassazione mette un freno ai ricorsi “inutili”, quelli cioé che non potrebbero essere comunque accolti. E lo fa con l’ordinanza 8940/2014 con cui stabilisce che non è impugnabile per Cassazione l’ordinanza che dichiara inammissibile l’appello che non abbia una ragionevole probabilità di essere accolto. (Consulta Il testo dell’ordinanza).

L’ordinanza boccia il ricorso di una Asl condannata in primo grado, dal tribunale di Novara, a risarcire una bambina e i suoi genitori per i danni riportati in occasione del parto. I giudici hanno anche chiarito che la legge “Balduzzi” va interpretata nel senso di escludere l’irrilevanza della colpa lieve, prevista in ambito penale per chi si attiene alle linee guida, anche per quanto concerne la responsabilità extracontrattuale civilistica.

La Cassazione ha affermato nell’ordinanza una serie di principi di diritto:

a) L’ordinanza ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., sia quando è stata emessa in un caso consentito, sia quando è stata emessa al di fuori dei casi in cui l’ordinamento ne consente l’emissione (che si individuano in quelli esclusi dal secondo comma dell’art. 348-bis e in quello risultante a contrario dal secondo comma dell’art. 348-ter), non è impugnabile con il ricorso per cassazione, né in via ordinaria, né in via straordinaria;
b) In entrambi i casi l’impugnazione possibile è solo quella della sentenza di primo grado;
c) Tale impugnazione è soggetta al controllo della Corte di cassazione sia sotto il profilo dell’art. 329 c.p.c. in relazione all’appello a suo tempo esercitato, sia sotto quello dell’eventuale abbandono con lo stesso appello di questioni per difetto di riproposizione ai sensi dell’art. 346 c.p.c.;
d) La Corte di cassazione, investita del ricorso contro la sentenza di primo grado non può esaminare la ritualità della decisione del giudice di appello dichiarativa della sua inammissibilità per ragioni inerenti la tecnica e lo svolgimento del giudizio di appello, ma può rilevare che, in ragione della tardività dell’appello o per essere ammesso contro la sentenza di primo grado un mezzo di impugnazione diverso da quello dell’appello, la sentenza di primo grado era passata in cosa giudicata e ciò anche quando lo stesso giudice d’appello con l’ordinanza ai sensi dell’art. 348-ter abbia detto inammissibile a sua volta l’appello per una di tali ragioni;
e) L’ordinanza ex art. 348-bis c.p.c. non è impugnabile in Cassazione nemmeno quanto alla statuizione sulle spese».

Passando poi al cuore del ricorso respinto, la Cassazione afferma un altro principio di diritto: «La norma dell’art. 3, comma 1, del Dl n. 158 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 189 del 2012, quando dispone nel primo inciso che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve” e, quindi, soggiunge che “in tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’articolo 2043 del codice civile”, poiché omette di precisare in che termini si riferisca all’esercente la professione sanitaria e concerne nel suo primo inciso solo la responsabilità penale, comporta che la norma dell’inciso successivo, quando dice che resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art 2043 c.c. dev’essere interpretata, conforme al principio per cui in lege aquilia et levissima culpa venit, nel senso che il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l’irrilevanza della colpa lieve anche in ambito di responsabilità extracontrattuale civilistica. Deve, viceversa, escludersi che con detto inciso il legislatore abbia inteso esprimere un’opzione a favore di una qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità extracontrattuale». (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)