«Domani incontrerò i governatori delle Regioni: ci sono 700 milioni da tagliare in beni e servizi non sanitari, quindi non i farmaci o i servizi alla persona, ma ad esempio appalti e forniture per lavanderia, pulizie e cancellerie. Ogni Regione avrà la possibilità di rimodulare la spesa al proprio interno con i margini che ritiene necessari». Così il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, intervenendo a una trasmissione radiofonica, annuncia quelli che saranno gli impegni per la spending review scritta nel decreto Irpef che non contiene tagli alla sanità, ma non risparmia i bilanci regionali.
Per la sanità Lorenzin ha ribadito che «c’è un visione generale di sistema, il Ssn ha già dato con 25 mld di euro di tagli lineari in 5 anni, ora siamo in una fase di riprogrammazione del sistema. Possiamo recuperare 10 mld in beni e servizi per reinvestirli in sanità» grazie al Patto per la salute.
Ma il ministro ha anche bacchettato enti locali e Regioni sui debiti della Pa: «Lo Stato sta facendo la sua parte, adesso gli enti locali devono fare la loro, in termini di efficienza. Hanno avuto negli anni milioni e milioni di euro per migliorare l’efficienza, la tracciabilità, l’open data. Il dato è l’unico elemento che ci permette di mettere la macchina in funzione», ha detto in merito ai crediti rivendicati dalle aziende private, in particolare da quelle che forniscono beni e servizi nel settore sanitario.
Quello della mancata trasmissione dei dati «è – secondo Lorenzin – il
principale problema che abbiamo», un obbligo rispettato solo nel 40% dei casi. «Per quanto riguarda la questione dei crediti delle aziende – ha aggiunto – la Ragioneria e i ministeri stanno lavorando. La difficoltà delle regioni è la rinegoziazione dei debiti», anche da un punto di vista burocratico e amministrativo.
E l’annuncio di un taglio da 700 milioni anche se a voci non sanitarie – ma, sottolineano molti, il 75% circa dei bilanci regionali è preso dalla sanità e sarà difficile “rastrellare” risorse altrove – non piace alle Regioni che domani si riuniranno, appunto, per dare il loro parere sul decreto legge.
E c’è chi già promette barricate. Il primo è il governatore del Veneto Luca Zaia: «Non ci vuole un premio Nobel per capire che la soluzione non è aumentare le tasse e tagliare i trasferimenti – sottolinea – ma individuare e tagliare gli sprechi. Da me un pasto in ospedale (un bene non sanitario, appunto) costa mediamente sei euro e mezzo», mentre altrove «ci sono ospedali dove si arriva persino a 60 euro. È chiaro che se imponi tagli lineari, col 10% da me non resta più neanche il piatto, mentre chi parte da 60 sta continuando comunque a sprecare». (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)