Non c’è più il riferimento alla sanità e al fondo sanitario nel testo del decreto legge Irpef uscito dal Consiglio dei ministri del 18 aprile. Ma il meccanismo di riduzione della spesa per beni e servizi resta – senza la parola sanità, appunto – quello già previsto. E nel decreto è indicato per il il 2014 un importo complessivo da risparmiare di 1,730 miliardi di cui 700 toccano alle Regioni (gli altri a Province e Comuni e alle amministrazioni dello Stato).
Beni e servizi
Gli obiettivi da raggiungere dovranno essere determinati da un decreto del presidente del Consiglio dei ministri entro 30 giorni dall’entrata in vigore del Dl in modo da determinare minori riduzioni per gli enti che:
a) acquistano a prezzi i più prossimi a quelli di riferimento se esistenti;
b) registrano minori tempi di pagamento dei fornitori;
c) fanno più ampio ricorso agli strumenti di acquisto messi a disposizione da centrali di committenza.
Le amministrazioni pubbliche che devono ottenere i risparmi sono autorizzate nel decreto a una serie di azioni. Tra queste possono
ridurre gli importi dei contratti in essere per l’acquisto o la fornitura di beni e servizi del 5% (come nella bozza di ingresso del decreto era scritto per i contratti sanitari) a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e per tutta la durata dei contratti medesimi. Le parti hanno la facoltà di rinegoziare il contenuto dei contratti in base alla riduzione e chi fornisce beni e servizi può recedere dal contratto entro 30 giorni dalla comunicazione della riduzione senza alcuna penalità.
Sempre le varie amministrazioni sono anche tenute ad assicurare che gli importi e i prezzi dei contratti per l’acquisto di beni e servizi stipulati dopo l’entrata in vigore del decreto non siano superiori a quelli esistenti dopo le riduzioni e comunque non siano superiori ai prezzi di riferimento, se ci sono , o ai prezzi dei beni e servizi previsti nelle convenzioni quadro stipulate da Consip.
Gli atti e i contratti che violano queste le disposizioni sono nulli e sono «rilevanti ai fini della performance individuale e della responsabilità
dirigenziale di chi li ha sottoscritti». Ma il decreto prevede anche (come nella bozza di ingresso) che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente per ottenere risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall’applicazione delle regole precedenti.
Per gli acquisti di beni e servizi poi, oltre all’utilizzo massiccio di Consip si dovrà prevedere una centrale unica in ciascuna Regione, che parteciperà anche al tavolo tecnico per il monitoraggio di tutta l’attività.
Tempi di pagamento
Resta pressoché immutato invece il capitolo e gli articoli relativi ai tempi di pagamento della Pa. Con due articoli specifici dedicati ai debiti sanitari che non saranno sanzionati in caso di inosservanza dei tempi prescritti (90 e 60 giorni) come per il resto delle amministrazioni con il blocco assoluto delle assunzioni di personale, ma sui tempi di pagamento le Regioni dovranno trasmettere una relazione contenente tutte le informazioni e le iniziative assunte in caso di loro superamento secondo la legislazione vigente (e i tempi medi in sanità vanno quasi sempre ben oltre i 200 giorni con punte in alcuni enti anche oltre i 1.200). La trasmissione della relazione e l’adozione delle misure idonee e congrue eventualmente necessarie a favorire il raggiungimento dell’obiettivo del rispetto della direttiva europea sui tempi di pagamenti costituisce adempimento regionale.
Per quanto riguarda i debiti sanitari, nei due articoli che li riguardano è stabilito che per il 2014 il Fondo per assicurare la liquidità per i pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili del Ssn è incrementato di 770 milioni di euro. Le Regioni che non hanno ancora chiesto le anticipazioni per il pagamento dei debiti sanitari cumulati fino ad aprile 2013 dovranno presentare domanda di accesso al Fondo entro 15 giorni dalla data di conversione del Dl. Pena la procedura di diffida e commissariamento.
Stesso percorso per chi, avendo ottenuto le anticipazioni, non risolve il problema dei ritardi di pagamento.
Tagli ai ministeri
Sotto la scure della spending review ci sono anche i ministeri, tenuti ad assicurare un obiettivo di risparmio di spesa complessivo di 200 milioni per il 2014.
E per farlo gli obiettivi saranno decisi in un Dpcm ad hoc, ma i ministeri dovranno comunque rivedere i loro regolamenti di organizzazione, compresi quelli degli uffici di diretta collaborazione.
Spesa per il personale
Niente più tabelle allegate al decreto con la rimodulazione delle retribuzioni in generale più elevate. Il decreto stabilisce ora che dal 1 maggio «il trattamento economico annuo complessivo di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo, con amministrazioni pubbliche … enti pubblici economici autorità amministrative indipendenti, Banca d’Italia e organismi delle stesse amministrazioni e società partecipate maggioritariamente in via diretta o indiretta da pubbliche amministrazioni, escluse quelle emittenti strumenti finanziari quotati sui mercati regolamentati e le loro controllate, non può superare l’importo annuo di 240 mila euro al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente».
E a raggiungere il tetto concorrono anche le somme «comunque erogate all’interessato a carico del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell’anno, ivi comprese le somme percepite per incarichi di carattere occasionale e per le attività o incarichi svolti nell’ambito delle società, a partecipazione di maggioranza, diretta o indiretta, delle pubbliche amministrazioni».
Nessun attacco diretto quindi al personale del Ssn, ma chissà che qualcuno, magari con indennità più elevate di altri, non finisca anche lui sopra il tetto oltre il quale nessuno nella Pa potrà più andare. (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)