Anche nel caso di lacunosità delle registrazioni apposte sulla cartella clinica operatoria, al medico è concesso portare a sua difesa dei convincenti elementi, come la testimonianza dei colleghi che hanno assistito all’intervento, per dimostrare di avere fatto ricorso ai mezzi più idonei che la tecnica gli offriva per far fronte a un evento che, per il suo improvviso insorgere e per la sua violenza, non fu possibile essere sedato in tempo per evitare le complicazioni neurologiche insorte per l’arresto circolatorio. (Consulta il Testo della sentenza).
È questa la motivazione contenuta nella sentenza n. 7770/2014, depositata il 4 aprile scorso dalla terza sezione civile della Cassazione, che ha respinto le richieste di risarcimento danni avanzate dai genitori di una bambina che aveva subìto un grave danno neurologico (ritardo motorio e cecità corticale) nel corso di un intervento cardiochirurgico subìto presso un nosocomio milanese e finalizzato alla correzione della malformazione congenita “tetralogia di Fallot”.
La fase di merito era stata favorevole al medico in quanto, in base alla valutazione medico-legale, il danno era stato ritenuto causalmente ricollegato a complicanze dell’originario quadro clinico, prevedibili ma non sempre evitabili neppure con il più avanzato stato dell’arte; escludendo in tal modo che il danno neurologico riportato (direttamente conseguente a un arresto ipossico verificatosi durante l’intervento) fosse da porre in collegamento eziologico con l’operato del medico anestesista.
I genitori avevano posto con forza l’accento sulla lacunosa compilazione della cartella clinica che non riportava in modo dettagliato gli interventi prestati. Dalla ricostruzione, a loro dire, risultava che alla paziente fossero stati somministrati farmaci inadeguati, perché a effetto anestesiologico e non cardiotonico, inidonei a superare il sopravvenuto stato di ipotensione e bradicardia. Per la coppia questo errore – di natura non revocatoria ma valutativa – era stato indotto da una incongrua ricostruzione della vicenda ed erroneamente la corte territoriale aveva basato il proprio convincimento di diligenza dell’operato dell’anestesista sulla deposizione testimoniale del chirurgo che aveva eseguito l’intervento.
La Cassazione ha ritenuto che le doglianze non fossero sufficienti a smontare le argomentazioni logiche delle sentenze di merito, in quanto l’eventuale vizio di motivazione può dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame dei punti decisivi della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (Cass. n. 8718 del 27/04/2005). La contestazione non può mirare unicamente a una diversa ricostruzione in fatto determinata da un errore “valutativo”.Dalle risultanze di fatto, ricostruite dal consulente, si evinceva l’assenza di nesso causale tra le condotte dei medici e l’evento dal momento che l’intervento era stato tempestivo e i farmaci appropriati.
In questo caso il medico è riuscito a difendersi e a far emergere la sua estraneità all’evento, difesa molto più facile se la cartella clinica fosse stata correttamente e compiutamente compilata. Ma il fatto evidenzia che i sanitari non hanno sufficiente chiarezza del fatto che la corretta compilazione della documentazione sanitaria costituisce il principale mezzo di difesa per dimostrare l’appropriatezza, clinica ed economica, del loro agire clinico. (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)