Così il segretario nazionale uscente nella sua relazione di apertura del congresso nazionale. Due i documenti presentati: uno a prima firma Camusso, che ha registrato al termine delle assemblee di base un consenso pari al 97,6%, e uno a prima firma Cremaschi che si è fermato al 2,4%. In tutti e due ampi riferimenti alla sanità
Si è aperto questa mattina a Rimini il XVII congresso nazionale della Cgil che si concluderà il prossimo il prossimo 8 maggio con l’elezione del nuovo Direttivo, che a sua volta rieleggerà il segretario generale. Si è al momento conclusivo dell’iter congressuale, un lungo percorso partito il 2 dicembre quando il Comitato direttivo nazionale licenziò formalmente i due documenti congressuali, assunti il 19 novembre: “Il lavoro decide il futuro”, prima firmataria Susanna Camusso e sottoscritto da tutti i componenti del direttivo, ad eccezione di cinque che con Giorgio Cremaschi sottoscrissero il documento “Il sindacato è un’altra cosa”. Al termine delle assemblee di base il documento presentato da Camusso ha registrato un consenso pari al 97,6%, mentre il documento di Cremaschi si è fermato al 2,4%.
Nel corso dell’intervento inaugurale di questa mattina, il segretario generale uscente, Susanna Camusso, ha ribadito con forza che la sanità “è un bene pubblico non privatizzabile, così come l’acqua”. Parlando poi della riunificazione solidale del mondo del lavoro, il segretario nazionale ha parlato della sfida lanciata per un futuro diverso, “e il CCNL è essenziale”. “Un CCNL che include e che trasforma, che può agire sui grandi temi del Paese, per esempio se in sanità si fa il contratto unico e inclusivo per pubblici e privati, cambia il segno dell’attuale distorsione nell’accreditamento dei privati per i fondi pubblici”, ha detto.
Passando ad analizzare i documenti presentati al congresso, possiamo notare come in entrambi ampio spazio è stato dedicato al tema sanità.
Nel testo “Il lavoro decide il futuro”, Camusso ha ribadito come in Italia l’impianto generale di welfare “è ancora più fragile e inadeguato; i governi che si sono succeduti hanno scelto di reagire alla crisi non contrastandola con politiche per la crescita e l’occupazione, ma riducendo complessivamente i diritti nel lavoro, i sistemi di protezione sociale, dagli ammortizzatori, alle pensioni, alla sanità”. Nel testo viene affrontato anche il tema dell’invecchiamento della popolazione, laddove si dice: “L’invecchiamento della popolazione è questione epocale che richiede il ripensamento di alcune politiche, da quelle relative all’invecchiamento attivo all’insieme delle politiche sociali e sanitarie. In questo senso c’è bisogno di un progetto di ampio respiro che rimetta al centro degli obiettivi della prossima Europa la costruzione di un modello di welfare a carattere universalistico e solidale”.
Il documento passa poi a parlare delle necessità di definire una consultazione nazionale e territoriale degli utenti dei servizi, “per l’individuazione di processi mirati alla semplificazione e all’innovazione tecnologica nella fruizione dei servizi sanitari e delle amministrazioni locali, invertendo la politica delle esternalizzazioni, attraverso processi innovativi della PA”. Nel campo delle politiche sanitarie, Camusso rimarca la necessità di “ricostruire l’universalità del Servizio Sanitario Nazionale per assicurare in tutto il Paese il diritto universale alla tutela della salute ed a cure di qualità”. “Milioni di persone rinunciano a curarsi per l’eccessivo peso dei ticket che, anziché favorire appropriatezza, hanno generato iniquità, e che vanno quindi superati, ristabilendo un finanziamento adeguato, oggi tra i più bassi d’Europa – si legge nel testo -. Bisogna, quindi, vincolare le risorse alla riorganizzazione dei servizi, rivedendo anche la logica ‘repressiva’ dei Piani di Rientro, perché qualità dei Lea e risanamento sono inseparabili. Le priorità dipendono dai bisogni delle persone. L’invecchiamento della popolazione e l’aumento delle malattie croniche reclamano più prevenzione, più assistenza territoriale e cure primarie h24, più integrazione tra sociale e sanità, a partire da maggiori risorse, sociali e sanitarie, da dedicare alla domiciliarità, questa è la risposta essenziale ai problemi posti dalla condizione di non autosufficienza. Per rispettare i Lea – continua il segretario nazionale – in tutto il territorio nazionale è anche necessario assegnare maggiori responsabilità allo Stato e organizzare, con le Regioni in difficoltà, veri processi di convergenza. Il welfare integrativo di origine contrattuale (dai Fondi Sanitari agli accordi aziendali per prestazioni sociali) non può compensare il rischio di riduzione dei Lea. Deve, invece, rafforzare il carattere integrativo a copertura di prestazioni che il SSN non assicura o assicura solo in parte”.
Infine, sui fondi integrativi: “E’ necessario prevedere l’articolazione regionale dei fondi stessi, per consentire, nel territorio, la gestione di prestazioni effettivamente integrative, a carattere universalistico, governate dal pubblico all’interno del sistema sanitario regionale. Allo stesso modo occorre operare con una maggiore integrazione tra la contrattazione territoriale e la contrattazione di secondo livello per la costituzione di fondi territoriali per la spesa sociale integrata, alimentati anche dalla contrattazione, che, sulla base di progetti condivisi, vadano ad arricchire la rete dei servizi sociali territoriali”.
Passando poi al lavoro “Il sindacato è un altra cosa”, primo firmatario Giorgio Cremaschi, si legge da subito un attacco agli stessi sindacati: “I tagli alla sanità, alla scuola, ai servizi pubblici sono passati senza una chiara e durevole opposizione di Cgil Cisl Uil”. “Lo smantellamento più evidente dello stato sociale è quello di uno dei suoi pilastri fondamentali, la sanità. Governo e regioni puntano a una ulteriore drastica riduzione dei posti letto negli ospedali pubblici, per arrivare a non più di 3.7 ogni 1000 abitanti. A tutto vantaggio del contemporaneo aumento dei posti letto nella sanità privata, che in regioni come Lombardia e Lazio arriva al 45% – si legge nel documento -. Stiamo assistendo a un vero e proprio collasso del sistema sanitario stesso, con livelli di diritto alla salute sempre più a rischio: chiusura di piccoli e grandi ospedali, cancellazione o riduzione di interi reparti e di servizi territoriali”.
“Gli stessi cittadini, quando non possono farne a meno, preferiscono rivolgersi a strutture private anziché dover attendere mesi e mesi per visite specialistiche o esami diagnostici – si rimarca nel testo presentato da Cremaschi -. Tutto questo e la compartecipazione alle spese attraverso ticket e superticket comporta una riduzione ulteriore del reddito disponibile di lavoratori e pensionati. Al processo di smantellamento della sanità pubblica contribuiscono anche alcuni accordi sindacali che istituiscono fondi sanitari integrativi, sempre più sostitutivi che complementari. La Cgil si impegna a non sottoscrivere accordi di questo tipo. Anche la larga maggioranza dei servizi sociali – come per esempio, l’assistenza domiciliare agli anziani, ai disabili, ai minori e in genere alle persone più deboli – ha subìto un processo di esternalizzazione attraverso l’utilizzo delle cooperative sociali”.
Non manca infine un passaggio anche sulla tutela della salute sul posto di lavoro: “Il costo per il paese della mancata difesa della salute sul lavoro è più di 50 miliardi all’anno. Quello per le devastazioni ambientali è incalcolabile. Bisogna assumere come principio di fondo della Cgil che nessun compromesso è possibile su questo piano, la salute e l’ambiente vengono prima di tutto”. (Fonte: Quotidiano Sanità)