Fems: tutte le ombre del lavoro dei medici Ue. Pronto il Report

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Medici Ue in defcit numerico, con retribuzioni in calo ma costretti a lavorare sempre di più a dispetto delle direttiva Ue sull’orario di lavoro e del rischio burnout. Alle prese, senza idonei strumenti organizzativi, con una progressiva femminilizzazione della professione. Poco coinvolti nella governance degli ospedali e con un’autonomia in continua erosione che rischia di mettere a rischio qualità e sicurezza delle cure. E’ il quadro che emerge dal Report della Fems (Federazione europea dei medici dipendenti), illustrata da Claude Wetzel, dell’Unione nazionale francese degli anestesisti ospedalieri, nel corso del convegno internazionale in corso a Gorizia su «Aspetti del lavoro medico in Europa», promosso organizzato dalla Fems in collaborazione con Anaao Assomed, Aaroi-Emac, Anpo-Ascoti-Fials Medici, Fassid-Snr. (Consulta il report Fems sul lavoro medico Ue)

La Federazione Ue dei medici dipendenti ha illustrato i risultati di una ricerca effettuata in16 paesi europei (Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Ungheria, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Repubblica slovacca più la parte turca di Cipro). Nella grande maggioranza dei paesi considerati, i medici dipendenti operano all’interno di strutture pubbliche, a volte con un’attività privata in contratto part-time (Italia). Non sono sempre soddisfatti della propria situazione lavorativa (in Italia, Croazia, Slovenia, Polonia, Bulgaria, Romania) e solo in quattro paesi (Repubblica Ceca, Francia, Olanda, portogallo) hanno uno status speciale nel settore pubblico e (Repubblica Ceca esclusa), sono soddisfatti del proprio ruolo giuridico che consnete loro di dialogare direttamente con i decisori. Nella maggior parte dei paesi, i medici possono essere anche stipendiati in strutture private, sotto contratto. In alcuni paesi (Spagna e Francia), i medici possono lavorare in parte per il settore pubblico e per il settore privato il tempo rimanente.

Condizioni di lavoro. L’orario di lavoro è in calo in Europa . Dalle 40,5 ore in media nel 1991 , è sceso a 37,5 ore nel 2010 . Tuttavia, alcune professioni sono oltre la media. E i medici dipendenti fanno parte di quel 9% di lavoratori Ue impegnati più di 48 ore alla settimana. Una fascia di operatori che la Commissione intende tutelare maggiormente, in particolare nel settore salute.

Oltre al problema degli orari, la complessità crescente delle esigenze sanitarie rende il lavoro medico sempre più stressante, nonostante nella maggior parte dei Paesi sia attiva la formazione continua. Un sistema di aggiornamento giudicato efficiente solo in metà dei Paesi, tra i quali l’Italia è assente (Austria, Belgio, Olanda, Spagna, Ungheria, Polonia, Romania e Slovenia).

Qualità delle cure, sicurezza dei pazienti e gestione del rischio. I medici europei vedono la loro pratica professionale sempre più regolamentata da raccomandazioni o norme, finalizzate ufficialmente per migliorare la sicurezza del paziente e la qualità delle cure, ma in realtà, si legge nel Report Fems, destinate più che altro a migliorare la produttività.

Eppure solo in 7 paesi (Austria, Bulgaria, Francia, Croazia, Italia, Slovenia) i medici dipendenti si sentono oppressi da norme non elaborate da specialisti competenti e pensano che queste regolamentazioni stanno minacciando la pratica medica e, talvolta, la stessa sicurezza dei pazienti. In altri due paesi, i medici ritengono che queste norme possano minacciare la sicurezza dei pazienti (Repubblica slovacca e Cipro). Anche se nella Repubblica slovacca molti ospedali non sono conformi agli standard internazionali comuni, quindi è difficile per i gestori o lo Stato di imporre regole di lavoro troppo rigide.

Burnout. In quasi tutti i paesi si rilevano problemi di burnout.

Le principali raccomandazioni per evitarlo:
• Promuovere salute e benessere degli operatori sanitari
• Garantire la diagnosi precoce per prevenire i problemi prima che si verifichino
• Migliorare i programmi di cura
• Coinvolgere responsabili politici e istituzioni
• Valutare l’efficacia e l’efficienza degli interventi e dei risultati
• Focus delle iniziative centrati anche su aspetti umani, non solo su quelli economici
• Supportare capitale umano e sociale
• Una maggiore preoccupazione da parte dei manager ospedalieri sulla salute dei medici
• Interventi mirati sui singoli individui, così come sulle organizzazioni
• Utilizzare le informazioni professionali sanitarie per aiutare tutto il personale sanitario
• Incoraggiare i gruppi di supporto
• Effettuare diagnosi precoci tra gli studenti di medicina
• Progettare studi multicentrici a livello europeo al fine di ottenere fondi Ue

Età di pensionamento dei medici dipendenti

L’età minima legale di pensionamento è diversa da un paese all’altro . Nel 2013 , questa età è principalmente circa 65 anni per i medici maschi (M) e femmina (F) in Belgio, Spagna; Italia, Portogallo; Romania. Si arriva a 67 anni in Olanda e Polonia; 63 anni in Ungheria, 62 anni in Francia e Repubblica slovacca, 60 anni a Cipro. Differenze di genere solo Croazia, Slovenia e Repubblica Ceca (65 M – 63 F ) , Austria ( 65 M – 62 F ) , Bulgaria ( 63 M – 60 F ) e Repubblica slovacca ( 62 M – 57-62 F secondo il numero di figli). Nel complesso, a causa dell’invecchiamento della popolazione in Europa, sottolinea la Fems, lo sforzo finanziario necessario per garantire le pensioni dovrebbe aumentare. Nella maggior parte dei Paesi si è deciso per legge di aumentare l’età minima di pensionamento e il periodo di contribuzione nei prossimi anni. L’età del pensionamento dei medici è superiore per legge rispetto alle altre categorie in Austria, Italia, Slovenia, e Cipro. E’ la stessa in Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Spagna, Francia, Croazia, Ungheria, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania e Repubblica slovacca. E chiaramente, la differenza si spiega con la durata prolungata del ciclo di studi e con il conseguente inserimento ritardato nel mondo del lavoro.

Evoluzione demografica e femminilizzazione della professione

Nel 2020 secondo stime Ue ci sarà una carenza di un milione di operatori sanitari in Europa , mettendo in discussione il 18 % delle attività di assistenza sanitaria. Si tratta di una sfida sociale e politica da affrontare in tutto il continente. Gli assi di sviluppo decisi per mantenere un corretto livello di operatori sanitari in Europa:

• Garantire un adeguato numero e qualificazione di personale sanitario per il futuro
• Elaborare le necessarie modifiche (profili professionali e competenze)
• Creare i migliori ambienti di lavoro per attirare e trattenere i professionisti della salute

• Promuovere una cultura della formazione (sicurezza dei pazienti / qualità delle cure).

Finanziamenti specifici dei Fondi strutturali Ue saranno assegnati a questa politica sotto la direzione della DG Markt (Mercato interno). Intanto nella larga maggiornaza dei Paesi europei è il numero chiuso a regolamentare l’accesso alle scuole di medicina. Questa limitazione non esiste in Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania, Polnia e Cipro. In Austria e Belgio c’è un contingentamento del numero di cittadini stranieri autorizzati ad iscriversi ai corsi di laurea sanitari che riserva il 75 % dei posti nelle ai nativi. Nonostante una sentenza della Corte di giustizia europea , la Commissione europea ha deciso di prorogare la sospensione di un’azione legale contro l’Austria e il Belgio su questo sistema di quote fino al dicembre 2016. Con l’eccezione di Polonia e Cipro, la femminilizzazione della professione medica è una realtà in tutti i paesi ma solo in Spagna, Olanda e lentamente in Austria sono state adottati cambiamneti organizzativi del personale medico. Contrariamente a quanto comunemente praticato nei paesi del nord Europa i medici dipendenti dei 16 paesi non hanno libero accesso agli asili nido dell’ospedale per i loro figli durante le ore lavorative. A Cipro non ci sono asili nido negli ospedali. Con l’eccezione dell’Austria, un paese la cui la demografia medica è più favorevole, tutti i Paesi stanno affrontando il problema della carenza dei medici, particolarmente grave in Ungheria. In alcuni paesi come Belgio, Portogallo e Cipro alcune specialità sono più a rischio di altre (anestesiologia e medicina d’urgenza). In Romania, non c’è nessun problema nei centri universitari, ma in città non universitarie e nelle aree rurali c’è una grande mancanza di specialisti.

La presidenza ungherese dell’Unione europea ha condotto un’indagine sulla migrazione di operatori sanitari

Il flusso migratorio principale è verso Francia e Olanda. In Romania sono presenti medici moldavi, a Cipro stanno arrivando medici turchi ma nella maggior parte degli altri paesi il flusso dominante è verso l’esterno (Repubblica Ceca, Italia, Ungheria, Romania, Polonia, Repubblica slovacca). Entrambi i flussi, in entrata e in uscita sono osservati in Austria, Belgio, Bulgaria, Spagna, Croazia, Portogallo. In SIovenia i medici nazinali stanno emigrando all’estero e vengono sostituiti da medici extracomunitari .

Remunerazione

La remunerazione dei medici è diminuita in percentuali che vanno dal 10% al 30 % in molti paesi europei a causa della crisi finanziaria. Obiettivo strategico della Fems è di ottenere un miglioramento dello stipendio per 2 o 3 volte lo stipendio medio nazionale. Un target centrato in Austria, Spagna, Francia, Croazia ( 2x ), Italia ( 2x ), Olanda, Portogallo, Slovenia e Repubblica slovacca. Non è invece ancora stato realizzato in Bulgaria( 1,2 x ), Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Cipro. La situazione in Belgio è specifica, perché la maggior parte dei specialisti sono lavoratori autonomi. Con l’eccezione di Austria, Belgio, Bulgaria e Olanda, il reddito dei medici è in diminuzione a causa della crisi finanziaria in una grande maggioranza di paesi: In Spagna (per legge ), Croazia, Italia, Polonia, Portogallo, SIovenia e Romania. In Francia e Cipro i salari sono congelati da anni, mentre il costo della vita aumenta. In Repubblica Ceca, Ungheria e Repubblica slovacca gli stipendi sono aumentati (ma meno del previsto), negli ultimi anni, a causa di forti azioni di protesta guidate dai medici.

Il nodo dell’orario di lavoro

Ovunque in Europa, i medici devono insomma lavorare molto guadagnando meno . Ma non accetteranno, avverte la Fems, che una revisione della direttiva europea sull’orario di lavoro li porti al manacato riconoscimento dei periodi di riposo (con reperibilità a chiamata). In caso contrario, la professione medica perderà attrattività e la carenza medici sarà destinata a peggiorare. La direttiva sui tempi di lavoro (2003/88) è pienamente attuata in tutti gli aspetti in Austria, Belgio, Spagna, Croazia, Ungheria, Olanda, Polonia, Portogallo e Slovenia. Ma sorprendentemente si scopre che in molti paesi europei, alcuni aspetti della direttiva non sono rispettati, soprattutto per gli straordinari (Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania e Repubblica slovacca). Per Italia e Francia delegazioni Fems stanno portando denunce ufficiali alla Commissione europea contro i governi, con successo.

La governance dell’ospedale

Riguardo il coinvolgimento del medico nella politica sanitaria e di gestione la posizione dei medici dipendenti è costantemente messa in discussione a causa di iniziative che conducono a un isolamento del singolo medico rendendolo sempre più dipendente dalle gerarchie professionali e amministrative. Non a caso, la perdita di autonomia è uno dei fattori scatenanti dell’insoddisfazione e del burnout. Tranne che in Olanda, Romania e Cipro, in tutti gli altri 13 paesi osservati i medici dipendenti si trovano ad affrontare situazioni che riducono la loro autonomia. In Repubblica Ceca questa situazione esiste solo in alcuni ospedali, in particolare quelli di proprietà di catene di fornitori di assistenza sanitaria. Tranne in Belgio e Ungheria, negli altri 11 paesi questo progressivo isolamento dei professionisti del settore sanitario è considerato una minaccia allaa pratica medica e alla sicurezza dei pazienti. Le organizzazioni professionali (sindacati, ordini e associazioni) sono considerate «minacciate» dalle autorità in Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Italia, Polonia, romania e Repubblica slovacca. Le stesse organizzazioni professionali sono invece rispettate in Spagna, francia, Ungheria, Olanda, Portogallo, Slovenia e Cipro. In ogni caso nella gran parte dei paesi osservati, i medici dipendenti non sono soddisfatti del dialogo sociale all’interno degli ospedali e di altre strutture sanitarie. Solo in Olanda e Cipro questo aspetto soddisfa la categoria. Nella Repubblica Ceca il dialogo è considerato corretto negli ospedali pubblici ma non in quelli di proprietà di catene di fornitori di assistenza sanitaria. (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)