Stop ai test d’ingresso e maxi-esame di sbarramento alla fine del primo anno. E’ il modello francese per gli apsiranti medici che dovrebbe ispirare la rivoluzione annunciata via facebook dalla ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini: si chiude l’era dei tanto contestati esami per l’accesso alle facoltà di Medicina, con il passaggio a un nuovo sistema che sarà definito entro luglio. Ma le contestazioni non mancano.
Il modello francese. Ecco che cosa succede Otralpe. Il primo anno è concesso a tutti ed è diviso in due semestri: il primo è comune a tutti gli indirizzi, dunque medicina, odontoiatria, studi farmaceutici e ostetricia. Al termine dei 6 mesi iniziali gli studenti sono sottoposti a delle prove per testare le competenze acquisite e quelli che si classificano male possono essere orientati verso altri rami dell’università. Sono previste unità didattiche sulla base delle quali vengono attribuiti dei crediti. Nel secondo semestre si scelgono una o più unità didattiche con un percorso più specifico, oltre alla formazione congiunta.
Al termine di questi 12 mesi ci si trova davanti il primo vero spartiacque: l’esame di sbarramento. La prova – molto dura e basata su temi specifici di medicina esplorati durante l’anno – si può tentare solo due volte. In caso di fallimento, non resta che gettare la spugna, a meno di ottenere una deroga eccezionale.
I due anni successivi completano un ciclo. Gli studenti ottengono così il Diploma di formazione generale in scienze mediche, un titolo che chiude la prima parte degli studi per il Diploma statale di dottore in medicina. Questa fase comprende 6 semestri di formazione valida per l’ottenimento di 180 crediti europei. In tutto, però, il percorso di studi per arrivare a indossare il camice bianco si divide in tre cicli: il primo di formazione generale dura 3 anni, seguito da un altro triennio di formazione approfondita e da ulteriori 3 o 5 anni di studi specializzati. La durata totale della formazione di un medico varia dunque da 9 (medicina generale) a 11 anni (specialità). Con due importanti banchi di prova: l’esame del primo anno e le prove di classificazione nazionale alla fine del sesto anno.
La disponibilità della ministra Lorenzin. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, si dice pronta a discuterne “con serenità”. “Non ho nessun pregiudizio – ha detto – Basta che si ottenga il risultato, cioè di laureare le persone migliori e poterle poi indirizzare verso i percorsi di specializzazione”.
Il no della Fnom. Forti critiche invece dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici e odontoiatri, nettamente contraria all’ipotesi. “Riteniamo che l’immissione al primo anno di Medicina di tutti quelli che vogliono intraprendere la professione, un esercito di 80mila candidati ogni anno, possa mettere in crisi le università e ridurre la possibilità di un accesso allo studio di qualità. La proposta della Giannini potrebbe distruggere la formazione che viene fatta nel primo anno”, afferma Maurizio Benato, vice presidente della Fnomceo.
“Metteremo in atto tutte le possibilità che abbiamo come Federazione degli Ordini dei medici – precisa Benato – per ostacolare questa riforma che non risolve le criticità, che pur ci sono nel numero chiuso, e rischia di farci tornare indietro di decenni”.
Secondo Benato anche l’ipotesi di optare per un modello francese, avanzata dal ministro, non è praticabile: “Gli esami del primo anno hanno molte scienze come chimica, fisica e biologia, elementi costitutivi del bagaglio degli studenti che accedono a queste facoltà. Fare una selezione dura dei futuri medici – conclude – come dice la Giannini solo al secondo anno, ci lascia molto perplessi e mette nelle mani dei singoli atenei una discrezionalità troppo forte”.
L’allarme dalla Sapienza. “Senza test d’ingresso a Medicina – dichiara Luigi Frati, rettore dell’Università Sapienza di Roma la Sapienza – non reggerebbe l’urto dei 10 mila iscritti che ogni anno provano i test e che entrerebbero senza selezione, come vorrebbe la proposta avanzata ieri dal ministro Giannini. Ma a quel punto a noi dovrebbero dare il Foro Boario per accoglierli tutti: non ci sono professori e aule per questi numeri”.
“Il mondo va in una direzione – spiega Frati – valorizzando la scelta universitaria già dalla scuola superiore, e noi invece optiamo per il modello francese. Ma in Francia stanno cercando disperatamente di tornare indietro”.
“E poi mi chiedo – osserva il rettore – se il prossimo anno si iscrivono in tutte le facoltà in 100mila, dopo il primo anno a chi non supera le prove, migliaia di ragazzi, che diciamo? La proposta del ministro Giannini può essere suggestiva – avverte Frati – per chi sogna di fare il medico, ma se poi al secondo anno è respinto come prevede la proposta, che gli facciamo fare, l’infermiere? Come – conclude – se questa professione fosse un ripiego, mentre non lo è”. (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)