Dopo la farmaceutica e i servizi di psicologia, la federazione sindacale entra nel merito delle opzioni previste nei Piano Operativi regionali per la riforma del territorio e la prevenzione. Persistono i dubbi sull’opzione “Casa della Salute” e si chiede un’unica direzione o area per i servizi di prevenzione.
È un momento cruciale per la sanità della regione Lazio. Tra breve, dopo la definitiva approvazione dei Piani Operativi 2013-2015, avrà avvio il percorso di riordino e di riassetto della rete di offerta.L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dell’assistenza mediante una razionalizzazione organizzativa tenendo però conto dei vincoli e delle limitazioni imposte dalla situazione economico e finanziaria della regione, che di fatto impongono di lavorare, nella migliore delle ipotesi, in condizioni di “isorisorse” rispetto al passato.
Per quanto riguarda l’assistenza distrettuale i Piani Operativi pongono particolare enfasi al“Potenziamento delle Cure Primarie” (AZIONE 1) ribadendo la necessità di continuare il percorso avviato verso l’assistenza e la medicina di iniziativa implementando forme proattive di presa incarico dei bisogni assistenziali e della cronicità . Il bisogno di salute che l’offerta assistenziale territoriale deve incontraree soddisfare è individuatocon chiarezza superando definitivamente la concezione “ancillare” del territorio, troppo spesso, visto unicamente come strumento per recuperare efficienza all’ospedale. Questa concezione del territorio come servizio dell’ospedale è stata pericolosamente distorsiva nella definizione delle policy di allocazione delle risorse, che lo hanno fortemente penalizzato anche nel recente passato.
Il percorso da fare è indubbiamente ancora lungo, ma sono innegabili i progressi già fatti mediante l’utilizzo al meglio dei fattori produttivi disponibili, in particolare delle risorse umane. È, tuttavia,impensabile continuare a programmare ampliamenti e incrementi quali-quantitativi di offerta assistenziale senza affrontare prioritariamente l’argomento dei livelli minimi di dotazione di personale, da garantire omogeneamente sul tutto il territorio regionale, a fronte degli impegni assistenziali richiesti dalla programmazione regionale.
Per quanto riguarda la “casa della salute” permangono, nonostante il tanto discutere e la cospicua convegnistica sorta intorno all’argomento, dubbi e perplessità. Ci si chiede, infatti, se il modello organizzativo proposto sia in grado di garantire un effettivo valore aggiunto rispetto alla rete assistenziale territoriale esistente, in termini di presa in carico assistenziale integrata e coordinata,semplificazione dell’accesso e orientamento e governo della domanda, senza correre il rischio di creare, invece, solamente un ulteriore centro di produzione di prestazioni, nella logica della medicina di attesa, a forte rischio di inappropiatezza.
La bozza dei piani operativi regionali conferma la scarsa attenzione che storicamente la regione Lazio pone al settore della prevenzione.L’argomento non è oggetto, infatti, di una trattazione organica e coerente. Ci si limita,nell’ambito del punto 5 “ALTRI Interventi Operativi“, alla trattazione marginale e non sistematicadi alcuni temi: un fugace, ancorché vuoto, richiamo ai piani della prevenzione, un cenno alla sicurezza su lavoro ( 5 righe), la qualificazione dei programma di screening e un cenno alla sicurezza alimentare.
La prevenzione merita certamente un’attenzione e uno sforzo maggiore.La nostra regione, che è scandalosamente al primo posto per la spesa sanitaria complessiva distanziando, e di molto, tutte le altre regioni, per quanto riguarda la prevenzione fa mostra di insospettata virtù. La spesa per questo settore si attesta, infatti, agli ultimi posti della classifica nazionale.
Ad un basso e inadeguato livello di spesa fa riscontro inevitabilmente una performance insufficiente. Il Lazio è, infatti, ”gravemente inadempiente” su ben sei degli indicatori LEA relativi alla salute collettiva, con ampie criticità nelle le coperture di vaccinazioni non obbligatorie ma fortemente raccomandate, per l’adesione ai programmi di screening oncologici. Valori critici si riscontrano per gli indicatori relativi alla sanità pubblica veterinaria e all’igiene e la sicurezza alimentare.”
Il sistema prevenzione nel Lazio non è mai stato governato, limitandosi, nei casi più fortunati, ad una mera amministrazione, in quasi totale carenza di programmazione e visione strategica.
A nostro avviso è assolutamente necessaria una riorganizzazione totale del sistema prevenzione: partendo dalla ridefinizione dell’assetto regionale, aggregando in un’unica direzione o area tutti gli ambiti della prevenzione in un’architettura coerente con il mandato e soprattutto che riproponga a stampo quella dei dipartimenti di prevenzione. È altresì fondamentale garantire analoga coerenza tra il retroterra culturale e di esperienze professionale di chi assume ruoli di responsabilità in regione e di chi opera nelle aziende territoriali. La prevenzione necessità di un adeguato rilancio, che non può certamente consistere in riduzioni lineari degli elementi costituivi e fondamentali con l’alienazione di strutture od unità operative, contraria al dettato normativo esistente e ad ogni logica di principio, di governance e di strategia regionale, nazionale ed internazionale.
L’assistenza territoriale e la prevenzione non hanno bisogno di particolari risorse tecnologiche o impiantistiche e la spesa riflette quasi esclusivamente la consistenza degli organici, paurosamente impoveriti da decenni di blocco del turn over e ormai arrivati, in particolare per alcune ASL a livelli bassissimi, con fortissime disparità territoriali, con evidenti problemi, sia in ordine alla effettiva erogazione dei LEA, sia soprattutto in termini di inique disuguaglianze di offerta assistenziale e preventiva nell’ambito stesso della regione. La definizione degli organici minimi deve precedere logicamente, ancorché cronologicamente, la programmazione dell’offerta e l’individuazione delle opzioni organizzative ed è assolutamente ineludibile per garantire l’erogazione dei LEA ad un adeguato livello di qualità e sicurezza. (Fonte: Quotidiano Sanità)