Sul numero programmato a Medicina e odontoiatria è ora di intraprendere un percorso virtuoso. Il modello francese citato dalla ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca Stefania Giannini, ha suscitato non poche perplessità e la soluzione non è dietro l’angolo, ma quel che è certo è che il modello italiano attuale presenta criticità sia nel test d’ingresso, sia nel percorso formativo, sia nella fase di abilitazione dei laureati. E’ la posizione dell’Associazione italiana odontoiatri, che offre la massima disponibilità a condividere proposte con gli altri atenei italiani, in modo da aprire un confronto con il Governo per una riforma codivisa.
«L’Associazione italiana odontoiatri a gennaio – si legge in una nota dell’Aio – l’aveva preannunciato: sul numero programmato a medicina e odontoiatria era ora di cambiare registro, aveva spiegato il segretario Raffaele Sodano a Odontoiatria 33. Detto, fatto. La ministra Giannini ha annunciato una proposta entro luglio per abolire il test d’ingresso ai corsi di laurea. Il futuro modello d’accesso italiano dovrebbe essere simile a quello francese, ma Federazione degli ordini e Università frenano: far entrare anche se solo per un anno, 80 mila candidati nelle Facoltà mediche potrebbe mettere in crisi la qualità di insegnamenti e servizi delle università, e forse i docenti non se la sentono di “tagliare” uno studente al termine di un anno di sforzi».
Dunque è urgente aprire un confronto. «Aio non individua risposte immediate – spiega il presidente Pierluigi Delogu – ma sa che è il momento di intraprendere un percorso virtuoso. Il modello italiano attuale presenta criticità sia nel test d’ingresso, sia nel percorso formativo, sia nella fase di abilitazione dei laureati».
Il test. «I quiz della selezione secondo Aio non premiano le qualità vocazionali dello studente, qualità che in questo caso sono una componente importante del “merito”», spiega Delogu. «Al di là dei ricorsi per i pasticci in questa o quella sede – continua- che invalidano i test e consentono di entrare puntualmente ad altre migliaia di allievi, alla fine il numero programmato viene aggirato da percorsi formativi alternativi all’estero: anche ipotizzassimo di bloccare per un anno le lauree in Italia avremmo potenzialmente ogni anno all’esame di abilitazione 1.200 giovani laureati in odontoiatria di ritorno dall’estero. Questo, ricordo, in un paese dove già il rapporto è di un odontoiatra ogni mille abitanti contro il valore ideale individuato dall’Organizzazione mondiale della Sanità di un professionista ogni 2000 abitanti».
Il percorso formativo. «Trentasei corsi di laurea con pochi iscritti ciascuno si espongono a situazioni di eterogeneietà: al di là della qualità del corpo docente (è improbabile avere 36 eccellenze) Aio si interroga sulla capacità di sviluppare le potenzialità degli studenti. E rileva che nell’essere dentista oggi rientra anche la capacità di comunicare, di aprire uno studio, di gestire i rapporti con pazienti e collaboratori, di conciliare costi ed etica, cose che in alcuni paesi s’imparano in cinque anni ma che da noi non rientrano nei piani di studi di sei anni».
L’accesso alla professione. «Serve un esame di stato più selettivo: non necessariamente questo esame deve bloccare per sempre un’aspirazione, ma dobbiamo immettere nel Sistema Italia professionisti valutati sulle competenze necessarie a svolgere la professione odontoiatrica in questo paese, a partire dalla lingua».
Delogu chiede un incontro con il presidente uscente del Collegio dei Docenti Antonella Polimeni e con il presidente entrante Enrico Gherlone per dibattere sui possibili percorsi. «Urge uscire dall’angolo prima della scadenza posta da Giannini: il provvedimento potrebbe avere applicazione immediata. La nostra associazione già ora offre la massima disponibilità a sostenere proposte condivise con gli Atenei italiani». (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)