Decisioni clinico-assistenziali più complete, personalizzate, efficaci e appropriate. Questo è il contributo concreto che la medicina narrativa può dare se integrata con la medicina basata sulle evidenze.
A questa conclusione sono giunti gli esperti riuniti nei giorni 11 e 12 giugno in occasione della prima Consensus Conference sulle “Linee di indirizzo per l’utilizzo della medicina narrativa in ambito clinico-assistenziale, per le malattie rare e cronico-degenerative” promossa dall’Istituto Superiore di Sanità. Le linee di indirizzo sono state presentate oggi al Convegno internazionale “Narrative medicine and rare disease”. Si tratta delle prime raccomandazioni in Europa sul tema della medicina basata sui racconti, che nascono nell’ambito del “Laboratorio sperimentale di medicina narrativa”, progetto coordinato dall’ISS in collaborazione con Asl 10 di Firenze, European Society for Health and Medical Sociology e Pfizer Italia.
La partecipazione attiva dei soggetti coinvolti nelle scelte dei percorsi di diagnosi e cura è un elemento imprescindibile della medicina contemporanea. A partire da questo presupposto il vissuto del paziente e di chi se ne prende cura diventa centrale per costruire un percorso personalizzato e condiviso.
La medicina narrativa (termine mutuato dall’inglese narrative medicine) è una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata sulla narrazione, strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista (paziente, medico, operatore socio-sanitario, familiare e caregiver). Le scienze umane tornano così a far parte a pieno diritto della medicina perché questo approccio fa tesoro di diversi ambiti disciplinari (letteratura, filosofia e scienze sociali).
«Alla luce delle esperienze presenti in letteratura e di quanto emerso in questi giorni dal confronto tra rappresentanti della comunità scientifica e della società civile – spiega il Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare, dr.ssa Domenica Taruscio – riteniamo che la medicina narrativa possa essere utilizzata a beneficio dell’intero sistema sanitario. Può, infatti, promuovere la partecipazione attiva dei pazienti e migliorare il funzionamento dell’intero team di cura, attraverso la consapevolezza del ruolo professionale e del mondo emotivo di ciascun operatore. L’ascolto del paziente promuove la fiducia e rinforza l’alleanza terapeutica che permette di diminuire le cosiddette pratiche di medicina difensiva lasciando spazio alla relazione, che diventa uno strumento di comprensione della diagnosi e della cura».
Come è possibile mettersi in ascolto dei pazienti e raccogliere le loro storie di malattia? Esistono diversi strumenti, dal colloquio condotto con competenze narrative alla scrittura riflessiva e alle interviste semi-strutturate. L’importante – a detta degli esperti riuniti a Roma – è lasciare libero l’intervistato di usare la modalità a lui più adeguata e far sì che vi sia un risvolto concreto nella quotidianità delle cure.
«Si raccomanda di introdurre la competenza narrativa nei percorsi formativi universitari e di sanità pubblica – sottolinea il presidente della Giuria della Consensus Conference, prof. Sandro Spinsanti dell’Istituto Giano di Roma – anche attraverso strumenti non convenzionali nelle aule di Medicina quali i social network, la letteratura, il cinema. Al tempo stesso occorre promuovere attività di ricerca che tengano presente l’integrazione tra la medicina basata sulla narrazione e quella basata sulle prove scientifiche».
Un esempio concreto di come la medicina narrativa possa essere utilizzata nella pratica clinica, presentato durante il convegno, è il progetto di partenariato europeo “Story Telling on Record” (S.T.o.Re.), coordinato dall’ISS e portato avanti con altri cinque Paesi: una cartella clinica integrata che unisca le informazioni del medico, dell’infermiere e più in generale dell’operatore sanitario con la storia e l’esperienza del paziente. (Fonte: Il Sole24Ore Sanita’)