Smi-Lazio: “Perché non facciamo curare i cittadini da uno Stregone?”

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Sicuramente, a molti, sembrerà una riflessione ovvia o, quantomeno, una domanda retorica; però é altrettanto vero che, da almeno vent’anni, la politica chiede di delegalizzare le Lauree.

Ma cosa vuol dire? La risposta è semplice: eliminare il loro valore legale. Ovvero: rendere le Università luoghi in cui si apprende qualcosa, ma non necessariamente tale sapere viene, di fatto, utilizzato ed investito nei concorsi pubblici.

In linea di principio, in un Paese “normale”, con un livello di istruzione medio, nel quale ognuno rispetta il confine fra libertà propria e libertà comune, tale meccanismo sarebbe perfetto. Ma, qualche difficoltà,  potremmo averla in un Paese in cui, invece, da almeno trent’anni, la popolazione ha ridotto enormemente il proprio grado culturale-medio ed in cui l’unico ideale imperante, oltre l’apparire, é  il denaro.

Non dimentichiamo che lo Stato in cui viviamo ha stabilito, già nell’immediato dopoguerra, quali sono i criteri per cui una persona può svolgere un lavoro anziché altro.

Basti pensare che, ad esempio, le  competenze “tecniche” di un chirurgo o di un  dermatologo possono essere imparate agendo direttamente sui pazienti malati, che non avrebbero altra possibilità di essere curati. Ma é altrettanto vero che, quegli stessi pazienti, meriterebbero di essere curati da un medico che ha dedicato tutto il percorso di studi ad una determinata specializzazione, al termine della quale è formato per svolgere la professione.

Eppure, da ormai troppi anni, i medici stanno lasciando campo anche alle altre professioni, che sono assolutamente legittime, purchè il loro campo d’azione sia circoscritto a specifiche competenze professionali.

Purtroppo,  la responsabilità di tutto ciò é degli stessi medici che per indolenza, pigrizia o paura, hanno delegato, gradualmente, le loro funzioni ad altri professionisti; spesso con l’avallo dei loro rappresentanti, siano essi Sindacati, Ordini professionali o politici eletti.

Senza fare troppa retorica, vi racconterò la mia esperienza professionale. Quando nel lontano 1986 sono entrato in un reparto del Policlinico Umberto I di Roma, composto da 32 letti, il mio primo obiettivo, oltre ad imparare a fare anamnesi ed esami, é stato quello di imparare a fare atti medici, (mettere cateteri uretrali, endovenose, toracentesi, paracentesi e prelievi arteriosi e venosi etc). Tutto questo “rubando” il mestiere con gli occhi ad altri medici esperti, e andando in reparto la mattina presto, quando le infermiere facevano i prelievi.

Oggi, mi direte voi, tale iter risulta decisamente anacronistico! Il medico non fa “certe cose”…Ma mansioni più raffinate, come l’ecocolordoppler, spirometrie, Ecg (etc). Tutto assolutamente utile, ma vorrei ricordare che, la  lettura delle Tac e delle Rmn, già ai miei tempi, venivano eseguite dai tecnici radiologi, ed il radiologo si limitava a controllarle e firmarle.

Questo sta a significare che, l’atto medico, inteso come la “violazione consensuale” del corpo del paziente agli esclusivi fini della diagnosi e conseguente terapia, é l’unica azione che distingue il medico da qualunque altro professionista sanitario.

In conclusione, non si comprende come sia possibile che solo una parte della categoria dei medici (medici dirigenti in cui é presente anche la nostra Fvm), con la mancata sottoscrizione della bozza di accordo Stato-Regioni sulla ridefinizione delle responsabilità professionali del personale sanitario, sostengano, con atti concreti, l’unicità dell’atto medico contro l’uso non regolamentato dello stesso da parte di altri professionisti.

Inoltre, non si comprende come sia possibile che in alcuni Sindacati (non quelli confederati nei quali i medici, probabilmente, condividono certi tipi di scelte con altre categorie sanitarie più numerose e, sindacalmente, più forti), insieme a tutti gli Ordini professionali di questo Paese, non si dia maggiore risalto a questa problematica, invece di ribadire l’importanza della depenalizzazione dell’atto medico, figlio di una medicina difensiva e padre di una scriteriata pubblicità, sia di medici che di avvocati.

L’unica cosa di cui sono certo é che questa é e sarà una delle tante battaglie che lo SMI Lazio porterà avanti anche grazie al vostro prezioso sostegno.

Il medico deve avere ruoli e funzioni diverse da tutte le altre professioni sanitarie!

 

Paolo Marotta, segretario SMI-Lazio