Latitano «interventi significativi per le varie criticità sostanziali che affliggono da tempo il nostro sistema sanitario, dimostrando nuovamente l’evidente difficoltà di giungere a convincenti soluzioni». Tanto che «bisognerà interrogarsi «sulla ulteriore sostenibilità di una eccessiva contrazione delle risorse da destinare al settore, senza prima affrontare il vero nodo del problema, rappresentato da una coerente riqualificazione della spesa da sostenersi, da depurare innanzitutto da fenomeni di mala gestio e da sprechi, spesso dovuti a deficienze organizzative che andrebbero risolte con sollecitudine».
E’ tranchant il giudizio sull’effettivo stato di salute del sistema sanitario nostrano, descritto nella Relazione sul rendiconto generale dello Stato 2013 presentata oggi dalla Corte dei conti. Che, al di là dei dati contabili – in complessivo miglioramento dopo le “cure da cavallo” degli ultimi cinque anni – prova a gettare il cuore oltre l’ostacolo e a tracciare uno scenario di ampio respiro: «Non si tratta – afferma la presidente di coordinamento delle sezioni riunite della Corte Enrica Laterza – solo di eliminare sprechi e di riorganizzare le modalità di produzione e di accesso ai servizi. Occorre affrontare direttamente il tema della sostenibilità futura di un sistema di prestazioni di servizi alla collettività (dalla salute e l’istruzione alle imprese e all’ambiente) orginariamente concepito in un contesto economico, sociale e demografico più favorevole».
In altri termini, è la tesi, in un settore molto particolare come quello sanitario la validità di una gestione non può essere valutata esclusivamente con i dati numerici, ma va vista anche in funzione degli obiettivi da raggiungere ovvero, se raggiunti, da mantenere.
I nodi al pettine, si legge invece nella Memoria del procuratore generale Salvatore Nottola, si presentano invariati: liste d’attesa che non accennano a mostrare un’inversione di tendenza neanche nel 2013, Sanità pubblica senza coperture assicurative, crisi ormai conclamata della sanità privata, livelli di compartecipazione alla spesa che «in alcuni casi – si legge nella relazione – sta progressivamente avvicinandosi ai costi di mercato di alcune prestazioni efettuate in privato, incentivandone paradossalmente il ricorso in quella direzione». Ed è sui ticket – emblema della coperta sempre più corta che lascia pazialmente scoperto un cittadino ormai «mediamente assistito», che si soffermano i magistrati contabili: «Seppure alquanto difficile pensare a una loro diminuzione va ribadita la necessità che un tale strumento vada adottato in maniera più equa, razionalizzando prescrizioni, dimensioni delle confezioni farmaceutiche alle effettive esigenze terapeutiche, migliorando anche altri aspetti del sistema, all’apparenza secondari, per venire incontro soprattutto a quella parte più debole della popolazione per la quale curarsi si è trasformato in un lusso».
Aspetti non secondari come la promozione degli stili di vita, ma anche e soprattutto come il rinforzo degli argini della legalità, oggi decisamente fragili, messi a repentaglio dalle «numerose fattispecie di danni erariali» che la Corte aveva già elencato in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2014. E che «incidono, prima ancora che finanziariamente, anche sotto un profilo etico, quando non sono addirittura forieri di mettere in discussione gli stessi equilibri politici delle realtà territoriali».
Infine, ma non certo in ordine di importanza per le conseguenze sull’efficicacia ed efficienza del sistema e per la qualità dell’offerta sanitaria che oggi è ancora possibile garantire ai cittadini, c’è la questione “operatori sanitari”: «Se i dati provvisori finora disponibili saranno in seguito definitivamente confermati, per la prima volta negli ultimi anni la spesa per l’aggregato delle risorse umane non rappresenta più quella maggiormenteIl blocco dei contratti incidente sul totale delle risorse a disposizione del sistema sanitario, sopravanzata dalla spesa per l’acquisizione di beni e servizi. Il blocco dei contratti pubblici e la contrazione del turn over rendono coerente il dato rilevato, ma suggeriscono anche l’opportunità di un’attenta valutazione in prospettiva futura, per evitare il rischio di un depauperamento progressivo del personale addetto. Anche in questo caso, dunque, una visione esclusivamente contabilistica del profilo rischia di entrare in rotta di collisione con le finalità proprie del sistema».
I dati economici. Torna a diminuire – seppure di poco – l’incidenza della voce sanità sul prodotto interno lordo, attestandosi al 7,2% (nel 2012 era il 7,3%). Parte del merito, di legge nella Relazione, è dovuto alle manovre di contenimento dei disavanzi. «Sarà però necessario capire meglio se per consolidare tale trend positivo sia sufficiente proseguire nel rallentamento dei saggi di incremento della spesa, oppure si renderanno indispensabili interventi più radicali che comportino l’effettivamente riduzione degli stessi livelli di spesa».
Nel complesso, si registra un avanzo complessivo nazionale di settore pari a 0.381 miliardi, saldo tra un complesso di risorse che nello scorso anno è ammontato a 113,09 miliardi (a fronte di 114,535 miliardi nel 2012) e una spesa 112,658 miliardi. Un saldo che andrà – rilevano ancora dalla Corte – interamente a favore di regioni e province autonome.
Quanto all’articolazione della spesa a livello regionale, si conferma il quadro stabile ormai consolidato. Il dato di rilievo, anch’esso invariato rispetto agli anni scorsi, è l’estrema variabilità della distribuzione territoriale. L’unica regione che fa registrare un (modesto) aumento percentuale è la Lombardia (+0,4%). (Fonte: Il Sole24Ore sanità)