Si tratta di quelli di Ascoli Piceno, Bologna, Ferrara, Isernia, Latina, Milano, Piacenza, Potenza, Salerno e Trapani che dicono no all’ingresso di altre professioni nell’Ente e chiedono lo stop al numero dei componenti del Consiglio nazionale. Ma non basta: meno membri in Cda e compenso per gli organi fissato nello Statuto.
Domani e sabato il Consiglio generale dell’Enpam si riunirà per l’approvazione del bilancio a consuntivo 2013 e per il rinnovo dello Statuto. In quest’occasione, gli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Ascoli Piceno, Bologna, Ferrara, Isernia, Latina, Milano, Piacenza, Potenza, Salerno, Trapani, uniti dalla convinzione che “L’Enpam ha bisogno di medici responsabili e di consulenti affidabili”, presentano una serie di proposte di modifica dello Statuto perché ritengono:
- inopportuno consentire l’entrata nella Fondazione Enpam di altre professioni;
- inutile aumentare il Consiglio Nazionale a quasi 180 componenti;
-necessario ridurre i componenti del Consiglio di Amministrazione (CdA) dagli attuali 27 a sette componenti per renderlo più agile e meno costoso;
-indispensabile prevedere in Statuto il compenso degli organi istituzionali, per esempio parificandolo (nel gettone e nelle spese rimborsabili) a ciò che avviene in Fnomceo o ponendo un tetto come in ONAOSI e quindi con una drastica riduzione del compenso attuale.
I dieci ordini ritengono anche “auspicabile che nel nuovo Statuto vengano previsti: il meccanismo elettorale della preferenza unica, per garantire maggiore rappresentatività; clausole di incompatibilità di incarichi e di cariche intra ed extra Ente per gli amministratori.
Gli Ordini firmatari, visti anche i recenti fatti di cronaca sui discutibili investimenti effettuati finora dagli Enti previdenziali, ritengono opportuno fissare nello Statuto paletti di assoluta sicurezza ai settori finanziari ove il CdA può investire. Dovendo Enpam erogare pensioni agli iscritti è necessario che il rendimento di un patrimonio che attualmente supera i 15 miliardi di euro sia consistente e garantito da prodotti finanziari sicuri ed affidabili sia nel campo mobiliare che in quello immobiliare”.
Inoltre “la richiesta di una presenza di tecnici in CdA, ben lungi dal rappresentare un ritorno al passato, parte dal presupposto che nessun medico può avere competenze sufficienti per gestire al meglio un patrimonio così rilevante come quello della Fondazione. I tecnici servono ad apportare conoscenze indispensabili alla gestione del patrimonio stesso e devono poter essere revocabili in ogni tempo se le periodiche e frequenti verifiche sul loro operato dovessero evidenziare una non corrispondenza agli obiettivi loro assegnati”. (Fonte: Quotidiano Sanità)