Il consiglio nazionale del Sindacato medici italiani (Smi) respinge il nuovo statuto approvato dall’Enpam (VEDI), giudicandolo «corporativo e antiquato» «Si insiste – secodno lo Smi – con la logica dei “nominati”, inadeguato sulla parità di genere con un tetto previsto del 20% sulle quote».
Salvo Calì, segretario nazionale Smi dopo tre giornate di lavori del consilgio nazionale, ha così riassunto il dibattito e le posizioni espresse dal Consiglio di Roma: «Viene in mente la scena della “corazzata Potëmkin”, certo non voglio citare Fantozzi parlando del nuovo statuto dell’Enpam, ma sarebbe il caso visto che sembra partorito trenta anni fa. Affronta in modo inadeguato il nodo delle quote rosa e l’urgente riforma del sistema elettorale, l’ente rimane ostaggio degli ordini, oltretutto senza nessuna proporzionalità rispetto alla consistenza numerica degli albi: Roma vale Aosta, per intenderci. Oltretutto riducendo i componenti del Consiglio di Amministrazione, con la scusa dei risparmi, si aumenta in modo sproporzionato il potere dei “nominati”. Si minimizza, di fatto, quindi, la partecipazione attiva della categoria».
Secondo Calì «dopo la delusione del nuovo codice deontologico della Fnomceo assistiamo a questo capolavoro di corporativismo e conservatorismo. Non a caso, il seppur bravo Alberto Oliveti, ora presidente, siede nel consiglio di Amministrazione dell’Enpam dal 1996. Così verremo travolti dalla modernità: un medico, un voto, questa è la strada per il rinnovamento, come d’altronde fanno anche diverse altre casse previdenziali. Non stiamo chiedendo la luna». (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)