Riforma titolo V: costi standard per i comuni e più controlli a carico stato

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Più stato nelle regioni povere e meno nelle ricche: potrebbe leggersi in questo modo l’indirizzo che scaturisce dall’approvazione in commissione affari costituzionali di alcune modifiche al testo di riforma del titolo V della Costituzione (Federalismo) in cui si delineano le regole d’ingaggio stato-regioni nelle materie di rispettiva competenza. Il testo base prevede che sparisca la legislazione concorrente su una stessa materia che vari contenziosi ha portato tra stato e regioni davanti alla Corte Costituzionale, mentre resta esclusiva per le regioni la potestà di legiferare sull’organizzazione dei servizi sanitari e sociali, e si conferisce allo stato il potere equilibratore di emanare norme generali a tutela della salute, della sicurezza alimentare e del lavoro. Su proposta del governo, la legge statale potrà disciplinare competenze conferite alle regioni come la sanità.
Peraltro, un emendamento approvato martedì all’articolo 116 accentua la possibilità di fughe in avanti di “una o più regioni” che potranno emanare leggi regionali su materie in cui hanno competenza, quindi anche la sanità, previa intesa con lo stato, purché assicurino equilibrio tra entrate e uscite. Nell’articolo 117 emendato, lo stato si riprende competenze in tema di infrastrutture, ma ricordiamo che tra le 21 materie, tante quante le lettere del nostro alfabeto, su cui lo stato potrà legiferare in modo esclusivo tornano tutte le competenze su sicurezza alimentare, sicurezza sul lavoro, energia, istruzione, previdenza e professioni. Altra novità inserita ora: i costi standard. Comuni città metropolitane e regioni dovranno tenere conto di indicatori di costo e di fabbisogno comuni per le proprie spese. E ancora: il Senato delle autonomie potrà trasformarsi al pari della Camera in elemento “accentratore”, disponendo inchieste (nuovo articolo 82) su materie di pubblico interesse concernenti le regioni, e conducendole con commissioni ad hoc. Infine, i nuovi emendamenti danno al presidente della repubblica (nuovo articolo 74) il potere di rinviare alle camere per nuova deliberazione anche i decreti convertiti in legge rinviando di 30 giorni la conversione, che non può abbracciare temi diversi da quelli del decreto legge. (Fonte: Doctor News)