Ricordate Montaguti, il manager contestato per mille motivi, ma soprattutto per aver fatto lavorare con lui al Policlinico Umberto I con un ricco stipendio, e per essersi attribuito lui stesso una sostanziosa gratifica? Altri tempi, ma quel direttore generale di origine emiliana torna di attualità: è tra i 14 indagati per i famosi lavori mai eseguiti fino in fondo nelle altrettanto famose gallerie. Atti falsi, un appalto realizzato ad arte per favorire una società “amica”, una truffa milionaria ai danni della Regione Lazio e i sotterranei di uno dei più grandi ospedali romani trasformati in una bomba a orologeria. La maxi inchiesta sugli appalti d’oro per la ristrutturazione delle gallerie ipogee del policlinico Umberto I è arrivata ad una svolta. Quattordici persone sono state indagate per falso e truffa. Tra loro, gli ex vertici del nosocomio: oltrea Montaguti, ex direttore generale, Maurizio Dal Maso, ex direttore sanitario, e Giovanni Pietro Piccinin, ex direttore amministrativo. Redigendo una serie di verbali fasulli, con la complicità di Raffaella Bucci, architetto responsabile del progetto, e di altre 8 persone, avrebbero permesso alla Società Italiana Costruzioni di Eugenio Ciotola, anche lui indagato, di aggiudicarsi l’appalto. Per finanziare l’opera, la Pisana avrebbe pagato 11 milioni e 750 mila euro, ma i lavori di risanamento non sarebbero mai stati ultimati e le gallerie sarebbero state lasciate in uno stato che avrebbe esposto l’intero nosocomio al rischio di incendi ed esplosioni.
Tutto inizia nel 2006, quando Montaguti firma una delibera per dare il via ai lavori di risanamento dei tunnel che collegano i vari padiglioni dell’Umberto I. Il dg afferma che l’azienda ha già disposto un documento preliminare di analisi delle condizioni del sito e ha già definito la tipologia di interventi da realizzare. In realtà, il progetto utilizzato per lanciare il bando sarebbe il “copia e incolla” di una proposta stilata nel 2002 dalla società che si sarebbe poi aggiudicata l’appalto. Il 23 maggio 2007, Montaguti, Dal Maso e Piccinin indicono la gara, prima ancora di trasmettere al Nucleo di Valutazione Regionale il prospetto definitivo e senza avere stilato nessuna informativa preliminare: agli atti mancano i rilievi della rete fognaria e delle sottogallerie; non è nemmeno stata fatta una verifica sismica. Nel marzo del 2008, la società di Ciotola firma il contratto. Secondo gli inquirenti avrebbe vinto l’appalto con un’offerta ribassata dal 37 per cento, sbaragliando la concorrenza. A questo punto la Regione sborsa quasi 12 milioni di euro per finanziare un progetto che prevede la realizzazione di un cavedotto, il posizionamento degli impianti in modo da scongiurare esplosioni, incendi e emissione di fumi nocivi, il risanamento delle fognature e la ristrutturazione delle gallerie. Lavori che non sarebbero mai stati realizzati.
Al loro posto, opere diverse e inadeguate. Nel 2009, da un verbale di ispezione dei luoghi, risulta addirittura che dalle pareti affiorano cavi fatiscenti e le condutture per i gas medicali si attorcigliano con quelle per l’energia elettrica. L’intero edificio è a rischio di incendio e di esplosione. Nel febbraio del 2012, i tunnel finiscono sotto sequestro. Verranno riaperti solo un anno dopo. La Regione e il Policlinico, per mettere in sicurezza gli impianti, avrebbero dovuto pagare annualmente 250 mila euro, a cui vanno sommati altri 740 mila euro sborsati per l’assistenza, 750 mila euro per le opere antincendio e 900 mila euro per un servizio di ambulanze che gestisse il trasporto dei pazienti da un padiglione all’altro. (Fonte: Online News)