«Integra il delitto di falsità ideologica commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico fidefaciente, la condotta del medico ospedaliero che rediga un referto con false attestazioni diagnostiche. La diagnosi riportata nel referto ha natura di fede privilegiata, essendo preordinata alla certificazione di una situazione caduta nella sfera conoscitiva del pubblico ufficiale, che assume anche un rilievo giuridico esterno alla mera indicazione sanitaria o terapeutica». Questa è l’indicazione contenuta nella sentenza n. 26318/2014 della seconda sezione penale della Corte di cassazione (conforme ex plurimis Cass. Pen., n. 12401/2010). ( Consulta Il testo della sentenza).
La pronuncia ha riaffrontato il tema della distinzione tra i reati di «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative» (articolo 480 del Cp) e «falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici» (articolo 479 del Cp) commessi da sanitari. I giudici, in particolare, hanno dovuto stabilire se l’attività del sanitario del pronto soccorso che rediga un certificato medico, anche solo riportando quanto riferito falsamente dal paziente, integri la prima e meno grave fattispecie criminosa oppure il falso ideologico in atti pubblici, caratterizzato da un trattamento sanzionatorio molto più pesante, dalla possibilità di disporre intercettazioni e di applicare misure cautelari a carico del medico.
I ricorrenti sostenevano che i certificati medici utilizzati dagli indagati per denunciare falsi sinistri stradali, erano stati redatti erroneamente dai sanitari sulla base delle false dichiarazioni dei pazienti. Per questo motivo i medici non potevano essere considerati atti pubblici in quanto il sanitario all’atto della visita non aveva potuto effettuare una diagnosi, non avendo mezzi scientifici idonei (nello specifico non erano stati rilevati l’algia, il dolore sofferto dal paziente e se questo potesse essere riferito a un incidente stradale). Poiché il medico si era limitato a una mera attività ricognitiva, i referti dovevano essere considerati come certificati amministrativi e di conseguenza, nelle condotte dei sanitari, era configurabile esclusivamente il meno grave reato di cui all’articolo 480 del codice penale.
Tesi respinta dalla Cassazione, che ha precisato che i certificati del sanitario del pronto soccorso, pur se redatti sulla base di false attestazioni da parte dei pazienti, esprimono sempre una valutazione medica e non possono essere considerati come certificati amministrativi ai sensi dell’articolo 480 del Cp Il medico, di conseguenza, non può limitarsi a riportare acriticamente le dichiarazioni dei pazienti ma deve indagare il caso in modo da trovare un riscontro diagnostico che risulti clinicamente plausibile. (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)