La riserva di vendita dei medicinali di Fascia C (pagati dal cittadino) alle farmacie non è in contrasto con le norme costuituzionali: la liberalizzazione dei farmaci etici altererebbe un sistema creato a tutela dei cittadini. Lo ha deciso la Consulta con la sentenza n. 216/2014 depositata venerdì scorso che ha respinto il dubbio sollevato nel maggio del 2012 dal Tar Calabria in seguito al ricorso di una parafarmacia.
La decisione della Corte costituzionale chiude il cerchio dei numerosi pronunciamenti in materia degli ultimi anni. Pietra miliare lasentenza della Corte di Giustizia Ue che nel dicembre 2013 si è pronunciata su quesito pregiudiziale del Tar Lombardia sulla compatibilità con le norme del Trattato in materia di libertà stabilimento del regime di riserva di vendita dei farmaci rientranti nella Fascia C previsto dalla legislazione italiana. All’origine della controversia le istanze proposte da titolari di parafarmacia che rivendicavano il diritto di poter dispensare anche tale tipologia di farmaci su prescrizione, oltre che i farmaci da banco e senza obbligo di prescrizione. La Corte di giustizia ha confermato la piena coerenza con il diritto dell’Ue del regime di riserva italiano collocando quest’ultimo nel complessivo assetto regolamentare di pianificazione delle farmacie sul territorio e di garanzia dell’ agevole approvvigionamento dei farmaci, assetto che la stessa Corte riconosce essere nell’insieme volto ad assicurare ai cittadini degli Stati membri un rapido e adeguato accesso al servizio di dispensazione al dettaglio di farmaci ed un approvvigionamento di medicinali sicuro e di qualità.
Alla sentenza della Cgue aveva fatto recentemente riferimento il Tar Puglia, sezione di Lecce, nel respingere l’ennesimo ricorso di un titolare di parafarmacia contro i provvedimenti di ministero della Salute e Asl che gli negavano l’autorizzazione a distribuire etici non rimborsati (senzenza n. 278 del 31 gennaio 2014). n quella ossasione I giudici leccesi avevano sottolineato che la liberalizzazione della fascia C comporterebbe per le farmacie «una diminuzione significativa del loro reddito, con il rischio di chiusura degli esercizi situati nelle zone più svantaggiate del territorio». Allo stesso tempo, «nelle zone più redditizie del paese si assisterebbe al proliferare delle parafarmacie, a scapito dell’adeguatezza del servizio rispetto alle reali necessità della popolazione» e della sua «omogenea distribuzione sull’intero territorio nazionale». In quell’occasione i giudici leccesi avevano anche “stroncato” anticipatamente il dubbio di costitizionalità presentato dai colleghi della Calabria ora definitivamente respinto dalla Consulta: nelle considerazioni che accompagnano l’istanza girata alla Consulta – avevano sottolineato – «non si è tenuto conto «degli effetti distorsivi che la vendita nelle parafarmacie dei medicinali di fascia C determinerebbe sul mercato, con serie ripercussioni sull’adeguatezza e la qualità del servizio farmaceutico». (Consulta Il testo della sentenza della Corte Ue, La sentenza del Tar di Lecce e Il testo della sentenza della Consulta) – (Fonte: Sole24Ore Sanità)