Riflessioni sul nuovo ACN per la Medicina Generale

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Ermanno De Fazi presenta le sue riflessioni sul recente ACN. Un "Vangelo Apocrifo" senza agganci con la realta’ della professione. Cari colleghi,
ad un anno dalla firma dell’ipotesi di Accordo Collettivo Nazionale per i Medici di Medicina Generale, ho motivo di ritenere che quel testo, nella sua stesura definitiva, possa essere paragonato ad un Vangelo apocrifo: sembra scritto da coloro che non hanno fatto diretta esperienza dell’insegnamento evangelico, ovvero non sembra scritto da coloro che svolgono la professione medica nell’ambito del sistema delle cure primarie, ma sono inclini alla sola indicazione delle regole.
Ragion per cui le verità in esso contenute sono le stesse che Umberto Eco definisce “verità ex abrupto” e Giuseppe Ungaretti descrive come “verità per crescita di buio”: quando eliminiamo dal contesto tutti gli elementi inutili, ciò che resta non può che essere la verità.
Uno dei concetti che scaturisce dalla progressiva eliminazione di intere parti del ACN 2009 è quello di appropriatezza delle prestazioni svolte dal MMG, soprattutto in materia di prescrizioni farmacologiche.
Veniamo al dunque!
L’art. 32 della Costituzione della Repubblica Italiana stabilisce che: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. Pertanto, qualsiasi novità farmacologica dovrebbe essere ben accolta da tutte le istituzioni pubbliche in ottemperanza a tale articolo.
Purtroppo, come sappiamo le cose vanno in tutt’altra direzione.
A partire dal dlg 30 giugno 1993, n. 266, istitutivo della Commissione Unica del Farmaco, il singolo atto prescrittivo è stato inserito in un rigoroso sistema cartesiano formato da tre linee direttrici: 1) il costo della terapia sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale; 2) le linee guida fondate su evidenze scientifiche; 3) l’appropriatezza della prescrizione farmacologica.
Sono così poste in mutuo rapporto fra loro tre fonti d’informazione: le scelte economico-politiche; le oggettive proprietà del farmaco; il potere dei  sistemi di vigilanza. In materia di giustizia e sulla ragione dei suoi effetti, il filosofo francese Blaise Pascal acerrimo avversario del cartesianesimo, nel XVII secolo, pone il seguente quesito: “Su che cosa la baserà, l’uomo, l’economia del mondo ch’egli vuol governare?”. La risposta che si dà è contenuta nel pensiero n. 310 della raccolta delle sue riflessioni, dove si fa esplicito riferimento al concetto di appropriatezza: “Ciò che è più appropriato alla ricchezza è il donare con mano liberale. Ciò che è appropriato a ciascuna cosa dev’essere cercato. Ciò che è appropriato alla potenza è di proteggere”.
Gli artt. 27 e 30 del ACN 2009 che trattano rispettivamente di “appropriatezza delle cure e dell’uso delle risorse” e di “responsabilità convenzionale e violazioni” non sono stati pensati nè scritti da quella mano liberale che avrebbe dovuto ripartire equamente risorse umane e finanziare fra tutti i compiti attribuiti alla Medicina Generale, che avrebbe dovuto indicare un metodo per l’appropriatezza delle prestazioni esigibili al cittadino, che avrebbe dovuto proteggere il Medico di Medicina Generale nello svolgimento della sua professione, invece di limitarsi a ideare un sistema di vigilanza volto a limitare, se non addirittura a coercire, la libertà di coscienza di ogni singolo medico nell’autodeterminazione riguardo a norme legislative e regole condivise.
 
                                                             Ermanno De Fazi
                                           Vice Direttore Centro Studi S.M.I.-Lazio