Intervenendo alla trasmissione televisiva In Onda, il sottosegretario alla PA, Angelo Rughetti, ha spiegato che senza una nota di aggiornamento che cambi il Def, “il blocco resta”. Il Governo preferirebbe mantenere ed allargare la misura del bonus degli 80 euro, un contributo del quale beneficiano anche parte degli stessi dipendenti della PA. E sul programma ‘Mille giorni’ e spending review, intervista a Renzi del Sole 24 Ore
Il blocco dell’adeguamento economico per i contratti della Pubblica Amministrazione sembra ben lontano dall’essere superato. Con il precedente Governo di Enrico Letta si era scelto di dare il via libera al rinnovo della parte normativa dei contratti mantenendo bloccato, fino a tutto il 2014, il rinnovo della parte economica in vigore ormai dal 2010. L’Esecutivo, come confermato ieri sera dal sottosegretario alla PA,Angelo Rughetti, intervenuto alla trasmissione In Onda su La 7, sembra infatti aver fatto una scelta diversa investendo una buona fetta di risorse sul bonus degli 80 euro, “una misura della quale beneficiano anche molti dipendenti della PA”.
A domanda di Alessandra Sardoni sulla possibilità di escludere un ulteriore blocco degli stipendi della PA, il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione, ha infatti risposto: “Non posso escluderlo. Nel Def non è previsto un rifinanziamento. E’ chiaro che il Governo ha fatto una scelta precedente, ossia quella degli 80 euro, una scelta della quale beneficiano anche i dipendenti pubblici che percepiscono una retribuzione che rientra nel range su cui si è intervenuti. Si dovrà fare una riflessione su questo tema nel momento in cui si andrà a fare la nota di aggiornamento al Def e la legge di stabilità. E’ chiaro che il Governo deve fare delle scelte, e se la scelta è quella di ridurre il cuneo fiscale e incentivare gli investimenti per far riprendere il lavoro e la crescita, non si potrà dare tutto a tutti. Penso che questo tema dovrà essere oggetto di una riflessione collegiale che l’Esecutivo dovrà intraprendere con la sua maggioranza e il Parlamento per poi decidere tutti insieme”.
Il messaggio è chiaro, e viene confermato subito dopo dallo stesso Rughetti: “Senza una nota di aggiornamento che cambi il Def, il blocco dei contratti della PA resta”. In questo modo, se da una parte resterebbero di fatto esclusi tutti quei lavoratori con uno stipendio al di sopra del range minimo richiamato dal sottosegretario, dall’altra si garantirebbe a quei lavoratori con uno stipendio più basso, un aumento annuale al di sopra di quello che potrebbero ottenere con un adeguamento della parte economica dei contratti.
Insomma l’indirizzo intrapreso dal Governo sembra chiaro e trova conferma indiretta anche dalle parole dello stesso premier, Matteo Renzi, che oggi, in un’intervista rilasciata al direttore del Sole 24 Ore, Roberto Napoletano, difende la misura degli 80 euro e si dice deciso ad ampliare la platea di coloro che potranno beneficiarne: “Il bonus darà i suoi effetti perché verrà confermato e percepito finalmente come strutturale – ha detto Renzi -. Deve essere stabile, e percepito come tale. Il ceto medio ha bisogno di respirare”.
Il premier ha poi parlato di spending review, annunciando che i tagli non saranno per 17 miliardi, bensì per 20, “perché intendo liberare risorse da investire nei settori strategici come l’istruzione e la ricerca senza aumentare le tasse”. Renzi, dunque, rilancia, annunciando anche un taglio del 3% che riguarderà tutti i Ministeri.
Quanto alla situazione economica del Paese, il presidente del Consiglio, nonostante l’andamento del Pil, ha escluso la possibilità di una manovra correttiva, “innanzitutto perché sono convinto che il risultato sulla crescita non sarà così negativo come si dice e poi perché possiamo puntare sul dividendo dei tassi bassi sul debito pubblico e su un buon andamento del fabbisogno. Dati negativi e positivi si annullano”.
Una rassicurazione importante, soprattutto se si tiene a mente la clausola di salvaguardia contenuta nel primo punto del nuovo Patto per la Salute, laddove si spiega che l’aumento del Fondo sanitario nazionale, che dovrebbe passare da 109 a 112 mld nel 2015, è legato al quadro macroeconomico del Paese. (Fonte: Quotidiano Sanità)