Per la Segreteria Straordinaria dello Smi, la bozza di nuova convenzione proposta dalla Sisac (e quindi dalle Regioni) è figlia della famigerata Legge Balduzzi e della colpevole condiscendenza di alcuni sindacati del settore.
Il Sindacato dei Medici Italiani ha riunito la segreteria straordinaria a Roma, lo scorso fine settimana, e resa pubblica, oggi, una dura presa di posizione contro la bozza di convenzione, frutto dell’Atto di indirizzo, proposta, qualche giorno addietro, dalla Sisac, la struttura tecnica interregionale per le trattative. Per Salvo Calì segretario generale dello Smi, «il testo è evidentemente la naturale conseguenza della legge Balduzzi, e, se consentite, l’ironia, di una scellerata ed effimera relazione d’amore H24: quel provvedimento, infatti, è figlio della condiscendenza di alcune sigle sindacali, che oggi ne disconoscono la paternità. Ma basta andare indietro con le rassegna stampa per trovare molteplici prove dello sciagurato appoggio all’allora ministro della Salute». «Da rispedire al mittente è lo stesso atto di indirizzo della Conferenza Stato-Regioni – continua Calì – che ha recepito l’impianto della legge, che solo lo Smi ha contrastato. La bozza, di fatto, prevede la moltiplicazione delle forme organizzative complesse, regione per regione, disomogenee e prive di equità, con un unico denominatore comune: l’asservimento della categoria al potere politico, minando l’autonomia e l’indipendenza professionale dei medici di famiglia, e il cardine stesso del rapporto fiduciario con il paziente, anche attraverso l’ingabbiamento degli stessi in un ruolo che ha tutte le caratteristiche del rapporto di dipendenza, senza, però, nessuna delle tutele previste da questo inquadramento (vedi articolo 2 comma 2 ed articolo 4 comma 3 del patto e della bozza Sisac)». «Si determina così un forte impoverimento di tutta la sanità territoriale – aggiunge il segretario generale Smi – innanzitutto, perché rimane inevaso il vero problema del nostro Ssn: dare risposte funzionali e adeguate alla mutata domanda di salute, a partire dal nodo della cronicità e dell’invecchiamento della popolazione, come proposto dallo Smi in questi anni. Si insiste, invece, con modelli organizzativi rigidi che inseguono la vecchia visione ospedalocentrica, con la pretesa di risolvere così problemi come quello dell’eccessivo ricorso ai Pronto Soccorso o la garanzia di una diversa offerta di continuità dell’assistenza. Inoltre, si tende ancora una volta a intruppare i medici di famiglia in una camicia di forza: nel passato la cascata di oneri burocratici, ora forme di rapporto assimilabili alla dipendenza, senza però i vantaggi di quel trattamento. Purtroppo – conclude Calì – questa è un’altra occasione persa per avviare quella modernizzazione della nostra sanità che aspettano da anni tanto i medici, quanto i cittadini». (Fonte: Panorama della Sanità)