Dalla Regione solo chiacchiere, niente fatti. E a pagarne le conseguenze, sono i futuri medici che non potranno svolgere la loro professione
«Stop all’attività tutoriale svolta dai Medici di Famiglia nei confronti dei futuri camici bianchi». E’ la posizione espressa dallo Smi-Lazio a causa della mancata assunzione di responsabilità della regione Lazio nell’ottemperare i propri obblighi nei confronti della Medicina Generale.
«Non è accettabile che i medici di Famiglia abbiano firmato, dal 2009 ad oggi, una delega in bianco alla regione Lazio per lo svolgimento di una attività professionale di insegnamento ai futuri medici, senza alcun riscontro oggettivo», dichiara Angelo Filardo, responsabile Smi-Lazio per i Medici di Famiglia, che aggiunge: «Infatti, dal 2006, la regione Lazio aveva l’obbligo di remunerare questa attività di docenza (come previsto dall’Accordo Integrativo Regionale (AIR), siglato il 23 Marzo 2006). E invece, dal 2009, la Regione ha sospeso tale retribuzione, nonostante le diverse sollecitazioni ad assolvere ai propri obblighi contrattuali. Un iter assolutamente pericoloso, poiché mette a rischio non solo la formazione dei nuovi laureti in medicina e chirurgia, ma anche l’abilitazione e, quindi, l’esercizio alla professione. Eppure, nel corso degli anni, abbiamo ottenuto solo promesse disattese, pur continuando la nostra attività di docenza».
«Pertanto, consapevoli dei nostri diritti e doveri, pretendiamo rispetto per i colleghi che hanno contribuito, con estrema professionalità, al corretto svolgimento delle attività tutoriali», sottolinea con forza Paolo Marotta, segretario Smi-Lazio. «Pertanto», conclude il Sindacalista, «abbiamo deciso di intraprendere un’azione sia sindacale che legale, con l’intento di far valere i diritti di tutti: docenti e discenti».