Fimmg isolata. Le altre sigle non aderiscono alla giornata di mobilitazione per sollecitare il rinnovo dell’accordo nazionale e la riforma regionale. I confederali parlano di “posizione strumentale e giochi di potere”. Martedì 19 la prova di forza.
Camici bianchi divisi dallo sciopero. Se martedì 19 prossimo lo studio del vostro medico di famiglia sarà chiuso in segno di protesta, allora scoprirete che il dottore è un iscritto alla Fimmg. Già, perché tutti gli altri sindacati hanno preso le distanze dall’iniziativa, anzi la contestano aspramente, dividendo così in due blocchi le rappresentanze di categoria dei medici di famiglia (ma anche delle ex guardie mediche e di personale addetto al servizio 118): da una parte la Fimmg che in Piemonte rappresenta circa il 60% dei sanitari, dall’altra il resto del mondo sindacale con le sigle che fanno riferimento ai confederali, lo Snami, Simet, Intesa sindacale, Sumai e Smi.
Non che a questo fronte unitario vada bene quel che sta accadendo a Roma per quanto attiene al rinnovo dell’accordo al momento in fase di stallo, anzi: “Metteremo in atto tutti i mezzi per informare e sensibilizzare i cittadini e la politica per rivedere la legge Balduzzi nell’ottica di garantire investimenti reali sul territorio e riconoscendo professionalità a tutti i medici” scrivono in un documento. Però contestano alla Fimmg di aver proclamato uno sciopero “del tutto inutile e immotivato” come spiega il segretario regionale dello Smi Antonio Barillà. “Protestano contro provvedimenti che essi stessi hanno approvato nel corso di precedenti accordi. E, come abbiamo rimarcato nel documento, questa protesta ha lo scopo vano di accelerare la legge 189/12 che a quasi tre anni dalla sua pubblicazione ha dimostrato tutti i suoi limiti”.
Una spaccatura tanto evidente quanto difficilmente sanabile quella tra i due fronti sindacali. Se la Fimmg fa leva sul rischio di vedere fortemente ridimensionato il ruolo del medico di famiglia, arrivando a trasformarlo di fatto in un dipendente delle Asl e privando i cittadini di facoltà di scelta del sanitario di fiducia, lo Smi e gli altri sindacati puntano il dito contro la Federazione italiana medici di medicina generale accusandola senza troppi giri di parole di “giochi di potere con Regioni e Governo”. Durissima la segretaria nazionale Smi Pina Onotri: “Chi ha parlato di rifondazione della medicina generale, preparando il terreno per l’entusiastica approvazione della Balduzzi senza risorse? E chi ha spinto per la firma della precedente, e ultima, Convenzione “a perdere”? E chi era, acriticamente, a fianco del ministro Brunetta a Porta a Porta a parlare di rivoluzione digitale? Siamo di fronte a una farsa – ha scritto in una lettera aperta alla Fimmg - il cui protagonista è un nuovo smemorato di Collegno”.
Il sindacato guidato in Piemonte da Barillà, rimarca come “in queste settimane lo Smi, ma non solo, ha sempre invitato la Fimmg a un percorso unitario. Appelli, però, caduti nel vuoto. I dirigenti sindacali che rappresentano il fronte contrario allo sciopero ammettono di essere pronti anch’essi a incrociare le braccia, ma “per riappropriarci della dignità della professione, per la sburocratizzazione del nostro lavoro, per difendere gli stipendi dei medici, che, come tutte le categorie in questo Paese, stannosubendo la svalutazione del costo del lavoro. Per i nostri giovani colleghi precari sottoccupati o inoccupati costretti a emigrare. Ma anche per un servizio sanitario che rimanga pubblico e che non si apra, come ha sostenuto la Fimmg, a processi di privatizzazione”. Per ora a scioperare, pur garantendo una serie di servizi essenziali, saranno solo gli iscritti alla Fimmg che, con il loro segretario regionale Roberto Venesia ribadiscono come “se non si scioglie il nodo del rinnovo nella convenzione a livello nazionale anche in Piemonte non ci si muoverà di un passo” , riferendosi al confronto, appena avviato, con l’assessore Antonio Saitta e il direttore generale Fulvio Moirano sulla riforma del sistema sanitario e di assistenza territoriale. Posizione diametralmente opposta per lo Smi: “Non possiamo certo incrociare le braccia solo per la fretta di chiudere un accordo peggiorativo, come, d’altronde, si ammette tra le righe, o solo per far dimenticare gli innumerevoli errori fatti nel passato”. Camici divisi, anzi strappati, quelli alle prese con il rinnovo dell’accordo nazionale da cui dipende anche il percorso della riforma “territoriale” della sanità piemontese. (Fonte: Lo Spiffero)