Il numero dei contratti, nonostante sia stato aumentato, è ancora del tutto insufficiente per evitare “l’imbuto formativo”. Il nuovo regolamento del Concorso Nazionale è praticamente identico al vecchio nei punti sostanziali e con le stesse, identiche criticità. Passare dal concorso locale al concorso nazionale doveva essere la più grande conquista di meritocrazia, invece si sta dimostrando un calvario senza fine.
In questi giorni abbiamo assistito alla “sofferta” e trionfale dichiarazione del Ministro Giannini sull’aumento delle borse di specializzazione di area medica. Eppure di esaltante, in tutto questo, a nostro parere c’è ben poco. Forse dovremmo apprezzare lo sforzo del Ministro, ma non possiamo non pensare a tutte le criticità annose del sistema “specializzazioni”, del pregresso concorso e di quelle potenziali e purtroppo già prevedibili del prossimo. Ebbene Direttore siamo come di fronte a un malato cronico, in uno scenario che continua a generare frustrazione e disillusione in chi ancora, stoico nonostante tutto, resiste al richiamo dell’estero per proseguire il proprio percorso di studi in questo paese. Sono anni che le scuole di specializzazione soffrono di problemi radicali; vorremmo fare un rapido excursus di quanto accaduto negli ultimi tempi, perché, sì, è vero, si è finalmente giunti al concorso nazionale, ma siamo ancora ben lontani dalla trasparenza e dalla meritocrazia.
Siamo passati da un sistema baronale su base locale, con il quale i concorsi erano fondamentalmente delle farse e gli specializzandi erano “eletti” ben noti già prima che si svolgessero le prove d’ingresso (così come testimoniato da eclatanti casi denunciati dalla stampa) ad un impianto cervellotico su base nazionale con enormi e prevedibili falle, emanato e preparato in fretta e furia tanto da farci esclamare “come volevasi dimostrare”: nient’altro che un disastro annunciato. Basti pensare alla confusa elaborazione dei curricula, con l’aleatoria possibilità di scegliere il miglior voto tra esami pertinenti giudicati equivalenti, con le note disparità di voti tra i diversi atenei italiani, per poi arrivare alla catastrofe delle prove invertite, condita dalle diversissime modalità di controllo sull’esecuzione della prova lungo la penisola: in qualche aula era possibile confrontarsi senza grosse difficoltà (ed i risultati si sono visti), in altre invece era bandito anche il semplice tamburellare delle dita sul tavolo! Eppure, anche se viviamo in un paese culturalmente predisposto a certe soluzioni “di comodo”, visto il largo preavviso con cui ci si approcciava a questa prova, sarebbe bastato uno sforzo in proporzione esiguo per mettere in atto una serie di misure preventive, come l’individuazione di aule più idonee e non con le postazioni distanziate pochi centimetri le une dalle altre, o come la randomizzazione dei quesiti della prova, in modo da scoraggiare sistemi di comunicazione elementari, oltre che ovviamente una condivisione delle procedure da adottare da parte di quanti preposti al controllo. Inoltre sarebbe stata auspicabile una graduatoria nazionale unica, trasparente e scorrevole: a nostro modo di vedere le domande per macroarea e per area specifica non fanno altro che portare complicazioni a un sistema già molto complesso di suo. Dovrebbero essere selezionati i migliori medici laureati ed abilitati, non i migliori “proto-specialisti”. Per finire, le domande dei quiz dovrebbero essere incentrate sul “problem solving” e non sull’inutile nozionismo puro.
Il numero dei contratti, nonostante sia stato aumentato, è ancora del tutto insufficiente per evitare “l’imbuto formativo”: stanziare 6500 contratti a fronte di oltre 12000 laureati è come avere un agricoltore che con immane fatica concima e ara cinque ettari di campo e poi ne semina solo tre, perdendo ciò che di buono aveva fatto con gli altri due. E chi non riesce ad entrare in specializzazione? Entra per anni nel limbo dell’attesa e dei lavoretti o delle sostituzioni mediche a prezzo stracciato, o stacca un biglietto per l’estero e fa perdere all’Italia parte del capitale nel quale aveva investito.
A poco è valsa la diminuzione degli anni di specializzazione per risparmiare un anno di contratti, se siamo passati da 5504 a 6500. Tralasciamo, inoltre, il discorso dell’indecente tempistica con la quale si è costretta la platea degli specializzandi italiani a scegliere se accorciare di un anno il proprio iter formativo. Pochi giorni stabiliti all’ultimo momento per decidere il destino un intero anno, una vergogna immane.
Il nuovo regolamento del Concorso Nazionale è praticamente identico al vecchio nei punti sostanziali e con le stesse, identiche criticità già evidenziate da Anaao Giovani in comunicati precedenti. Ciò che in passato era stato trascurato, ovvero la comunicazione temporalmente corretta di una bibliografia di riferimento, che orientasse la preparazione e che garantisse anche la lettura univoca di alcuni quesiti (le ambiguità nel test passato non sono certo mancate), è stato risolto con una manovra di grande visione: è stato semplicemente cancellato, ed infatti non se ne fa menzione nel nuovo regolamento. Ammirevole.
Risulta ridicolo il termine perentorio del 30 aprile per l’emanazione del bando di concorso, contenuto nel suddetto nuovo regolamento delle Scuole, se addirittura nel primo anno di applicazione viene totalmente sconfessato da un ritardo sempre più ingiustificabile da parte del Ministero, ormai recidivo impenitente e perseverante nel dolo. Alla data odierna esso deve ancora uscire. E’ questa la serietà dimostrata ai giovani medici, futuri custodi della salute della Nazione?
Ricordiamo anche il tentativo, fino ad oggi fallito, di creare medici di serie A e di serie B con la proposta del doppio canale formativo per la specializzazione. L’idea non è del tutto peregrina considerandola con le dovute cautele, ma andrebbe sviluppata pensando unicamente alla formazione e non invece solo al risparmio, ormai chiodo fisso del Governo e delle Regioni.
Con piacere abbiamo constatato la nascita delle Commissioni Giovani Professionisti in molti ordini provinciali, segno che forse qualcosa sta cambiando e che gli OMCEO si stanno finalmente avviando verso un progressivo e auspicabile “svecchiamento”. Le componenti giovani di questi organi hanno il dovere morale di impegnarsi quotidianamente perché vengano rispettate le scadenze e gli impegni presi. Che si continui a scrivere e tweettare finché il bando non viene effettivamente pubblicato, che si continui a denunciare l’assenza di una bibliografia di riferimento e, soprattutto, che si monitori ogni giorno l’implementazione di controlli e norme di sicurezza che garantiscono un esame trasparente e giusto, non l’ennesima farsa all’italiana, con il solito corteo di conseguenze.
Ripensando a quanto detto e fatto in questi anni per la formazione specialistica, ancora non ci capacitiamo di come i problemi siano stati risolti non cercando di arginarli, ma creandone di altri, spesso più gravi di quelli originari, in taluni casi addirittura facendoci esclamare che “la cura è stata peggio del male”. Passare dal concorso locale al concorso nazionale doveva essere la più grande conquista di giustizia e meritocrazia per il giovane medico, invece si sta dimostrando un calvario senza fine, tra quiz annullati, dichiarazioni all’acqua di rose del MIUR poi sconfessate qualche giorno dopo, ricorsi al TAR, graduatorie che non scorrono. Protagonista: il giovane medico. La vittima: il futuro servizio sanitario nazionale e la salute di tutti i cittadini. (Fonte: Quotidiano Sanità)
Matteo d’Arienzo – Responsabile regionale Anaao Giovani Emilia Romagna
Alessandro Conte – Direttivo Nazionale Anaao Giovani
Alessandra Marrazzo – Anaao Giovani