Gentile Direttore,
chiedo nuovamente ospitalità al suo giornale ripromettendomi di non tediare inutilmente i lettori nel rappresentare alcune criticità interessanti un ambito che in apparenza sembrerebbe territorialmente limitato ma che forse possono essere esemplificative di una quasi ubiquitaria corrente di pensiero che punta a mettere all’angolo il medico “dirigente”. Non scriverò dunque di problematiche quali il decreto sulla appropriatezza la cui importanza ed attualità è meritevole di analisi e riflessioni che potrebbero non essere alla mia portata. Vorrei elaborare qualche pensiero sulla medicina “difensiva” intesa però non nella definizione dell’onnipresente wikiqualcosa “La medicina difensiva consiste nella pratica di diagnostiche o di misure terapeutiche condotte principalmente, oltre che per assicurare la salute del paziente, anche come garanzia delle responsabilità medico legali seguenti alle cure mediche prestate” bensì intesa nella definizione di wikimia ovvero “La medicina difensiva consiste nella pratica di azioni di protesta, spesso inascoltate, o di ricorsi giudiziari condotti principalmente, oltre che per assicurare la salute del medico “dirigente”, anche come garanzia che ad un medico responsabile non resta che fare ricorsi legali seguenti alle amorevoli cure prestate dai vertici aziendali negli atti deliberativi”.
Veniamo al dunque e avviciniamoci territorialmente alla Azienda Roma C che ormai a più riprese, e per svariati motivi facilmente reperibili in rete, ha avuto l’onore di essere ospitata su Quotidiano Sanità, ultima forse in ordine di tempo la nota con la quale rappresentavo come fossero stati attribuiti incarichi professionali senza rispettare il contratto nazionale. Acqua passata si dirà ed infatti già allora formulavo “auguri sinceri e buon lavoro a tutti”.
Tuttavia, forse in virtù di un contrappasso dantesco, la stessa Azienda ha adottato, dulcis in fundo (in fundo?!?) ben altre delibere riorganizzative nella quali sembra di assistere ad una sorta di deminutio capitis a carico di Direttori di Dipartimento che dall’oggi all’oggi, e non al domani, sono stati esautorati dall’incarico (tutt’oggi vacante e ricoperto da plenipotenziari ad interim) e dalle funzioni senza che gli venisse contestata alcuna anomalia gestionale: taluni di loro, a capo di équipe di professionisti eccellenti, hanno addirittura raggiunto performance di risonanza nazionale con comportamenti virtuosi ben descritti anche nell’articolo di Quotidiano Sanità del 2 ottobre 2013. In altri casi si è voluto bizzarramente riorganizzare UOC di Chirurgia con Direttori (Primari) riesaminati da fantomatiche commissioni da cui solo uno ne uscirà “eletto”.
Ed ecco quindi come quell’ambito che in apparenza sembrerebbe territorialmente limitato diventa in realtà motivo di riflessione perché, a guardare ciò che sta succedendo nelle aziende sanitarie, è vero che forse, ancora per poco, “rari nantes in gurgite vasto” ma è altrettanto vero che è la dirigenza medica (e non) ad essere oggetto, ormai nel suo complesso, di attenzioni e trattamenti molto particolari, specie laddove si ostina a mantenere la schiena dritta.
Forse qualcuno potrà anche guardare con simpatia a quel piglio decisionista che l’italica gente ha in varie epoche sin troppo apprezzato, salvo successivi pentimenti, ma ricordiamoci che la libertà di pensiero e di azione è qualcosa che ci viene tolta un pezzettino alla volta, per disattenzione ma anche per complicità, e quando riusciremo magari ad accorgerci che non è il peggio ad essere alle spalle, sarà davvero troppo tardi e ci ridurremo a rispolverare ancora antiche nozioni di latino ricordando Livio e la famosa “vae victis” a conferma ulteriore che la forza prevale sul diritto. (Fonte: Quotidiano Sanità)
Luciano Cifaldi
Segretario generale Cisl Medici Lazio