Medici e operatori manifestano in piazza a Roma. Chersevani (Fnomceo): “Oggi abbiamo costruito l’unità. Il Governo presti maggiore attenzione verso quello che accade in sanità”

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Medici e operatori da tutta Italia hanno risposto massicciamente all’appello della Fnomceo. Dal palco gli interventi di chi ogni giorno lavora in prima linea: dall’anestesista modenese, al medico specialista ambulatoriale romano, passando per gli infermieri. “Alla sanità italiana occorre una radicale e immediata inversione di marcia”. 

Medici e operatori provenienti da tutta Italia hanno gremito piazza SS. Apostoli a Roma, rispondendo massicciamente all’appello della Fnomceo. Una manifestazione unitaria, che ha raccolto tutte le sigle del comparto, come non accadeva da diversi anni. Palloncini e bandiere hanno colorato il pomeriggio capitolino, mentre si mescolavano uomini e donne con differenti esperienze umane e professionali, ma accomunati dalla volontà di salvaguardare il Ssn pubblico e universalista.

Disparità territoriali, la crescente e soffocante burocratizzazione, la scarsità di personale e l’abuso di contratti atipici, una governance che mira quasi esclusivamente a contenere i costi: queste le principali criticità denunciate dai manifestanti. Dal palco,
Roberta Chersevani, presidente della Fnomceo, ha evidenziato: “Il rischio è che venga alterata la nostra mission. Problematiche che chiedono una vicinanza costante ai pazienti, anche a fronte dell’invecchiamento della popolazione, non possono invece essere affrontate con efficacia e costanza da medici e operatori sanitari. Il problema delle lunghissime liste di attesa è sotto gli occhi di tutti. Oggi abbiamo costruito l’unità, al di là delle singole sigle, per ribadire al Governo che deve prestare maggiore attenzione verso quello che accade in sanità”.

Chersevani ha poi invitato la piazza a un minuto di raccoglimento, in memoria delle vittime degli attentati di Parigi. Il resto del pomeriggio è proseguito con le testimonianze di chi ogni giorno lavora in prima linea: dall’anestesista modenese al medico specialista ambulatoriale romano, passando per gli infermieri. Gli interventi, che hanno coinvolto sempre operatori e non dirigenti sindacali, sono stati inframezzati da numerosi contributi video riguardanti soprattutto le condizioni di lavoro del comparto e la percezione dei cittadini nei confronti della sanità italiana.
I manifestanti sono arrivati a Roma da tutta Italia per essere presenti alla mobilitazione. C’è persino chi non lavora in sanità, ma ha deciso di accompagnare amici e parenti perché la qualità dei servizi è una priorità di tutti i cittadini. Un’insegnante napoletana è partita al fianco della sorella pediatra di base dell’Asl Na 1 per opporsi ai “continui e iniqui tagli che si stanno abbattendo persino sulla diagnostica clinica”. “Sono sempre più numerose le persone che non dispongono dei soldi necessari ad acquistare le medicine – ha raccontato la pediatra – e per questo sono spesso costretti a ricorrere agli antibiotici in modo inappropriato. Risparmiare sulla sanità è illogico, perché poi i costi si moltiplicheranno in futuro”.

Il problema delle risorse è probabilmente alla base di tutte le altre criticità. “Il sottofinanziamento del Ssn ha configurato un settore mantenuto in piedi solo dagli straordinari non retribuiti degli operatori – spiega un chirurgo ospedaliero veronese – a ciò si affianca la violenta ingerenza della politica nelle scelte professionali. E’ come se alla Fiat i politici decidessero come produrre una macchina e poi si lamentassero perché il veicolo non funziona. Non è un caso che il privato eroghi ancora prestazioni di buon livello mentre il pubblico sia in continuo peggioramento”.

Nel frattempo su uno schermo compaiono i tweet legati all’hashtag #iomimobilitoetu e i messaggi sono inequivocabili: “Alla sanità italiana occorre una radicale e immediata inversione di marcia”.

E nella piazza, accanto ai medici di tutta Italia c’erano i rappresentanti dei sindacati pronti a ricordare la sanità è in pericolo.
“La mobilitazione dei medici, oggi vuole rendere pubblico il disagio della categoria professionale – ha ricordato Costantino Troise, segretario dell’Anaao Assomed – un disagio che nasce dalla sofferenza della sanità pubblica, una sanità impoverita dal punto di vista delle risorse economiche e di quelle umane e che taglia sempre di più quantità e qualità dei servizi.  E se non si cambia a pagare saranno soprattutto i cittadini. La sanità è quindi in pericolo e quella pubblica sarà rilanciata solo se ai medici verrà dato un ruolo all’interno del sistema”.

Soprattutto i medici hanno voluto manifestare la loro vicinanza ai cittadini. “Vogliamo riportare il medico al centro del sistema salute – ha sottolineato Riccardo Cassi, presidente nazionale  Cimo –  e questo è un messaggio che vogliamo dare, chiaro e forte,  al Governo, anche perché siamo gli interlocutori principali per dare forza a questo sistema essendo in prima linea per la tutela della salute dei cittadini. Per questo desideriamo essere ascoltati, così come vogliamo aprire un confronto con i cittadini per far capire che stiamo dalla loro parte e che soffriamo gli stessi problemi che soffrono loro”. (Fonte: Quotidiano Sanità)