Anteprima. Manager della sanità pubblica, è tempo di cambiare. Il Governo, con il pacchetto di riforme della Pubblica amministrazione, targato dalla ministra per la Semplificazione, Marianna Madia, gioca il jolly trasparenza e punta tutto su merito e libertà dai condizionamenti dalla politica. Questo è quello che promettono i testi approvati in notturna al Consiglio dei ministri del 20 gennaio, che ora ricevono la bollinatura della Ragioneria dello Stato.
L’obiettivo del Dlgs sulla dirigenza sanitaria è chiaro: fare piazza pulita delle vecchie logiche di appartenenza, togliendo terreno a chi gioca con le spalle protette dai giochi di potere e che, magari, nella malagestione ci sguazza. Ma così si dice anche addio all’eterna poltrona, quella degli incarichi a vita, perché per conservare la nomina bisognerà essere in regola con i conti, nel rispetto dei bilanci di salute concordati con le Regioni, e chi non centrerà gli obiettivi dovrà lasciare l’incarico.
Cosa prevede il Dlgs
Il decreto istituisce presso il ministero della Salute un elenco nazionale di quanti hanno i requisiti per la nomina a direttore generale delle aziende sanitarie. Nell’albo saranno iscritti i professionisti risultati idonei alla nomina di direttore generale delle Asl, ospedali, policlinici universitari e degli altri enti del Ssn. L’elenco, informatizzato, verrà aggiornato ogni due anni e pubblicato sul sito del ministero.
Sempre ogni due anni, per formare l’elenco, sarà nominata la Commissione, i cui componenti restano in carica il tempo necessario per completare l’Albo e non possono essere nominati per più di una volta. Gli aspiranti Dg non potranno superare i 65 anni, ma dovranno invece avere esperienza dirigenziale (almeno 5 anni se nel settore sanità, 7 se in altri settori) e formazione in materia di sanità pubblica. Non ci sarà una seconda chance per chi ha sbagliato una volta. Non potranno, infatti, essere inseriti nell’albo i dirigenti che siano già stati dichiarati decaduti da un precedente incarico o per violazione degli obblighi di privacy. Il nuovo sistema di nomina, dunque, obbliga le Regioni a scegliere i direttori generali esclusivamente tra gli iscritti all’elenco nazionale. Una commissione regionale valuterà i candidati e proporrà al governatore una terna di candidati. Tra questi tre non possono essere inseriti, però, «coloro che abbiano ricoperto l’incarico di direttore generale, per due volte, nella stessa azienda sanitaria locale, lo stesso ospedale o lo stesso ente del Ssn», indica con chiarezza il decreto.
Dopo due anni dalla nomina, la regione dovrà verificare i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi, e in caso di esito negativo dichiara la decadenza immediata dall’incarico e la risoluzione del contratto. In caso di «gravi e comprovati motivi» o «di grave disavanzo, manifesta violazione di legge» oppure «degli obblighi di trasparenza», la Regione «provvede, entro trenta giorni dall’avvio del procedimento, a risolvere il contratto, dichiarando l’immediata decadenza del direttore generale con provvedimento motivato e provvede alla sua sostituzione».
Premiare i virtuosi?
Alla fine del percorso però ci potrebbe essere una ricompensa, per ora non prevista dal decreto. Lo ha sottolineato la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, all’indomani del varo del testo finale: «Bisogna premiare chi fa bene», perché, indubbiamente: «La scelta dei Dg incide sulla spesa e la qualità delle cure. Dovremo pensare per il futuro anche a forme premiali, come avviene in tutte le aziende». (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)