Se la Asl paga ai medici di famiglia pure per gli assistiti deceduti, il Direttore generale dovrà pagare i danni erariali arrecati. A dirlo è la Corte dei Conti del Lazio con la sentenza 317 del 16 novembre 2016 depositata nei giorni scorsi. Il caso in esame riguardava la Asl di Frosinone per fatti e omissioni relative agli dal 2008 al 2010. Si parla di anni in cui non c’era il collegamento informatizzato tra Anagrafe del Comune e Anagrafe del Servizio sanitario nazionale, e ogni regione applicava una prescrizione diversa, 10 anni in Puglia, 5 nel Lazio, uno in Toscana, con i medici di famiglia che dovevano restituire cifre differenti a seconda di dove operavano.
Il costo dei morti
A Frosinone il confronto tra dati anagrafici dei residenti operato dalla Guardia di Finanza ha portato a stilare un elenco dei “morti assistiti” per cui dal 2005 al 2010 le somme percepite dai medici di medicina generale non erano più recuperabili, dato che il caso si era aperto dopo il 2011 e dal 2005 la convenzione impone al medico la restituzione delle sole somme attribuitegli nell’ultimo anno. La sentenza fa chiarezza sulle responsabilità e scagiona una volta per sempre i medici di medicina generale più volte accusati di lucrare sui morti, infatti condanna l’ex direttore generale e l’ex commissario dell’Asl di Frosinone a “restituire” rispettivamente 42.309 e 1.754 euro per quote assistito percepite dai medici locali in quegli anni.
Le colpe dei funzionari pubblici
La colpa, sostanzialmente è quella di non aver fatto bene il proprio lavoro e “di aver violato gli obblighi di “direzione, sovrintendenza e controllo”, in quanto l’Asl non aveva aggiornato le liste degli assistiti eliminando per tempo dagli elenchi i soggetti deceduti. Il giudice ha riconosciuto che per gli anni 2006 e 2007 era scattata la prescrizione e che la responsabilità va condivisa tra controllori e controllati, che però non sono citabili in giudizio e ha ridotto le cifre.
Il quadro che emerge dall’indagine condotta dalla Guardia di Finanza restituisce uno spaccato di della pubblica amministrazione caratterizzato da negligenza e trascuratezza elementi che combinati producono sprechi di risorse pubbliche.
La sentenza non lascia scampo
Nella sentenza si legge che l’indagine “evidenzia una diffusa negligenza a partire dai vertici ASL, ai dirigenti, funzionari e impiegati della medesima Azienda, sino alla disinvolta noncuranza degli impiegati del Comune , rispettivamente officiati di compiti di doverosa comunicazione ai fini dell’aggiornamento dei registri degli assistiti”. In questo senso i manager allora in carica “hanno evitato di dare qualsiasi tipo di impulso alle attività di verifica loro intestate, ma hanno colpevolmente tollerato le spensierate negligenze di tutto il personale loro sottoposto. In tale contesto, sebbene i disinvolti impiegati e funzionari ASL, nonché gli inattivi dipendenti del Comune siano certamente corresponsabili, ai convenuti spettava la maggiore responsabilità perché nella loro formale veste di garanti della correttezza degli elenchi degli assistiti, incombevano specifici doveri di impedire l’evento lesivo”. E chi sbaglia paga. (Fonte: Online News)