Di tutto questo e delle prospettive future del servizio se ne parlerà dal 28 al 30 settembre a Roma nel Congresso nazionale della Società italiana sistema 118. Il presidente del Comitato scientifico del congresso spiega come l’attuale passaggio dal 118 al 112 “deve essere l’occasione per uniformare e valorizzare il servizio di risposta alle emergenze sanitarie su tutto il territorio”. E sui recenti terremoti: “Con un migliore coordinamento avremo avuto una risposta più rapida”.
Il sistema di emergenza sanitaria, nato con il Dpr del 27 marzo 1992, compie oggi 25 anni. L’anniversario verrà ‘festeggiato’ dalla Società italiana sistema 118 (Sis 118), nel corso del congresso nazionale organizzato dal 28 al 30 settembre a Roma, in occasione del compimento del suo quindicesimo anno. Per fare il quadro dell’attuale situazione del servizio e parlare delle sue prospettive future, abbiamo intervistato il presidente del Comitato scientifico del congresso, Pietro Pugliese, dell’Ares 118 Regione Lazio.
Dott. Pugliese, oggi il sistema di emergenza compie un quarto di secolo, quanto è cambiato in tutti questi 25 anni?
E’ cambiato molto. Ma, soprattutto, sta cambiando tutt’ora. È infatti in corso il passaggio dal 118 al numero unico per le emergenze 112. Un mutamento che, però, non sta avvenendo in maniera uniforme su tutto il territorio. Serve una risposta di tipo nazionale per superare l’attuale situazione a macchia di leopardo. Il passaggio al 112 deve essere l’occasione per uniformare e valorizzare il servizio di risposta alle emergenze sanitarie su tutto il territorio.
Manca quindi una regia, un maggiore coordinamento a livello centrale visto che comunque la competenza organizzativa spetta alle singole Regioni?
Assolutamente sì e, proprio su questo punto, abbiamo concentrato una buona parte del nostro lavoro. Vorremmo che ci fossero gli stessi criteri e standard di risposta ai cittadini in tutte le regioni. Su questo punto servirebbe un’attenzione maggiore da parte del Ministero della Salute e della Protezione civile. Servirebbe un maggiore coordinamento centrale per migliorare il ilvello del servizio. Pensiamo ad esempio alle maxiemergenze, come i terremoti registrati nel nostro Paese negli ultimi mesi.
Cioè, si sarebbe potuta dare un’assistenza migliore?
Diciamo che con un coordinamento maggiore a livello nazionale si sarebbe potuta dare, non una risposta migliore, ma sicuramente una risposta ancora più rapida.
Parlando invece del servizio prestato quotidianamente, come commenta la situazione spesso caotica che caratterizza l’emergenza e i Pronto soccorso italiani, specie in alcuni periodi dell’anno?
In questo senso credo esista un problema di carattere nazionale. Credo che l’attuale situazione sia figlia di un eccesso di spending review che ha prodotto diversi effetti negativi: accessi inappropriati per mancanza di risposte adeguate sul territorio, carenza di personale che si caratterizza sempre più spesso anche per l’età avanzata. E badi bene che il problema dell’età del personale, parlando di un servizio come quello del 118, è ancora più grave rispetto a quella denunciata negli ospedali proprio per il tipo di lavoro dispendioso che ci si trova a dover svolgere. C’è poi il problema del blocco barelle con ambulanze impossibilitate a svolgere il proprio lavoro sul territorio. E qui la causa è da ricercarsi nell’inadeguato numero di posti letto. Ma al contempo servirebbero anche più mezzi, per lo meno in diversi territori. Insomma la spending review portata al suo eccesso crea questi problemi abbassando il livello di risposta che riusciamo a dare ai cittadini. E non dimentichiamo che spesso, proprio questo, porta anche paradossalmente ad un aumento della spesa sanitaria.
In che modo?
A causa del sempre più crescente numero di richieste di risarcimento per i danni subiti, o per il livello del servizio inadeguato che si è riusciti ad offrire.
In questo senso pensa che la nuova legge sulla responsabilità professionale e la sicurezza delle cure potrà essere di aiuto?
Lo speriamo e, nel corso del congresso, abbiamo già programmato uno spazio ad hoc per fare il punto poprio su questa legge. Avremo modo di verificare i suoi possibili primi effetti a sei mesi dalla sua entrata in vigore.
Cosa ne pensa del ‘caso 118′ a Bologna, e quindi del fatto che possano essere mandate a prestar soccorso ai cittadini ambulanze con a bordo solo infermieri e non medici?
Diciamo che da questo punto di vista abbiamo un atteggiamento di apertura che si colloca, per così dire, ‘a metà strada’ tra quello degli infermieri e quello dell’Omceo Bologna. Diciamo che servirebbe una più attenta riorganizzazione del servizio, ma senza fare salti in avanti. Penso si possa, ad esempio, prevedere la presenza di un medico a bordo per chiamate con codici adeguati, ossia quando c’è da proteggere la vita del paziente. Per le altre situazioni, invece, si potrebbero inviare anche solo infermieri per applicare procedure standardizzate e controllate dalla centrale operativa. Per far questo bisogna però adeguare anche la normativa per non creare agli infermieri possibili beghe legali. Proprio per questo dicevo prima di evitare possibili fughe in avanti.
Infine, può dirci di cos’altro si discuterà nel congresso Sis 118 di settembre?
Oltre che di tutto quello a cui abbiamo già accennato, parleremo ad esempio di nuove tecnologie cliniche, di formazione, di maxiemergenze, di protezione e sicurezza. E ancora di insegnamento del primo soccorso nelle scuole, ma anche di come le nuove tecnologie possano venire in aiuto nel soccorso ai cittadini: ad esempio affronteremo il tema del possibile utilizzo dei droni per portare farmaci in luoghi altrimenti difficilmente raggiungibili.
Per concludere, ci concentreremo su due punti per noi molto importanti: il tema dell’elisoccorso e del personale che vi presta servizio, e la richiesta al Ministero della Salute di dati più aggiornati sul sistema di emergenza. Il monitoraggio è fermo al 2008 e noi, ad oggi, non abbiamo la possibilità di conoscere i numeri attuali del sistema che si sta governando. (Fonte: Quotidiano Sanità)