Nello scorso dicembre intervenni, sia sulla stampa che presentando un’interrogazione alla Camera, sul problema delle scarse e a volte inesistenti condizioni di sicurezza personale in cui devono operare i medici e il personale impegnati nei pronto soccorso. Operatori, questi ultimi, chiamati a svolgere anche visite a domicilio molte volte in zone periferiche e insicure.
Le aggressioni, da parte di malintenzionati e sbandati, erano state numerose. Già allora, alla luce delle statistiche riferite al 2016, la situazione era quindi molto grave. Situazione, peraltro, che aveva origini lontane se si pensa che nel 2012 una ricerca effettuata della Fimmg aveva rivelato che il 90 per cento dei medici dichiarava di aver subito atti di violenza, il 64 per cento minacce verbali, l’11 per cento atti vandalici, il 22 per cento percosse e ben il 13 per cento minacce a mano armata con armi improprie. Ben 9 medici su 10 durante tutta la loro attività hanno subìto almeno una volta un’aggressione e 8 su 10 ne hanno subìta più di una.
Purtroppo la prima parte dell’anno in corso ha confermato il trend. E’ sufficiente leggere le cronache locali in diverse parti d’Italia per rendersene conto. L’ultimo episodio reso noto in ordine di tempo è stata l’aggressione al “Vittorio Emanuele” di Catania subita da una dottoressa e da un’infermiera. In precedenza vi erano stati episodi altrettanto gravi e inaccettabili a Sassari, Alcamo, Rimini; e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Nelle scorse settimane nell’ospedale di Sarzana, in Liguria, sono stati ingaggiati alcuni vigilantes per presidiare il pronto soccorso, ripetutamente teatro di aggressioni riuscite o tentate.
Come ho già avuto modo di segnalare al Governo in sede parlamentare, a quanto descritto, già di per sé gravissimo, si aggiunge in tempi di tagli alla sanità il fatto che a differenza del passato sono sempre più frequenti i casi in cui il medico di turno nelle ore notturne si trovi in servizio completamente da solo, essendo così esposto a maggiori potenziali pericoli. Eppure in base agli accordi collettivi nazionali le ASL dovrebbero garantire che nelle sedi del servizio di continuità assistenziale idonei locali e adeguate misure di sicurezza.
A fronte di un tema così grave, che mette a repentaglio la salute e a volte perfino la vita di medici e sanitari impegnati nelle fondamentali attività di pronto soccorso, soprattutto nei turni notturni, le risposte da parte dei ministeri della Salute e dell’Interno sono state finora insufficienti. Benché intorno ad esso si stia finalmente accendendo una qualche “luce” mediatica in più e da parte delle organizzazioni di rappresentanza della categoria si elevino richieste in merito, poco o nulla è stato fatto. Occorre quindi ribadire con forza il problema e sollecitare con il massimo impegno il governo a porre rimedio a una situazione di carattere generale del tutto inaccettabile per un Paese che a pieno titolo, pur tra le molte difficoltà di questi anni, siede nel novero delle nazioni più importanti del mondo. (Fonte: Quotidiano Sanità)
Benedetto Fucci
Deputato di Direzione Italia
Capogruppo nella Commissione affari sociali della Camera