I pediatri merce rarissima, destinati a diventare “desaparecidos” entro dieci anni. I medici di medicina generale incamminati più o meno verso la stessa sorte, se da qui al 2026 non si provvederà almeno a raddoppiare le attuali 900 borse e se da subito non se ne otterrranno almeno 1.500. «Per creare immediatamente un serbatoio di medici di ricambio», avvisa Roberto Stella, coordinatore dell’Area Formazione Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei medici e degli odontoiatri, che in questi giorni a Bari riaccende con forza i riflettori sul rischio di desertificazione che incombe su tutta la categoria, dai dipendenti ai convenzionati.
Tanto che proprio l’Omceo di Bari, in concomitanza con la riunione del Comitato centrale della Fnom, ha presentato la campagna di comunicazione sulla carenza di medici. Nel complesso, 75mila in uscita nei prossimi dieci anni.
E se i pediatri sembrano avviati all’estizione, come detto i Mmg non se la passano molto meglio. A provarlo è l’ultimo studio sui medici in graduatoria regionale, che potrebbero compensare almeno parte della “gobba pensionistica”. «In teoria – avvisa ancora Stella – sarebbe un numero nutrito: 30mila sono i presenti in quella graduatoria, ma a ben guardare, considerando un campione di 10 Regioni di tutte le dimensioni, dalla Lombardia alla Puglia alla Valle d’Aosta, il 63% dei 10mila professionisti considerati ha più di 50 anni e una quota rilevante si posiziona nella fascia d’età tra 55 e 65 anni». Risorse che quindi saranno utili per un periodo decisamente limitato di tempo e che mai riuscirebbero a tamponare la voragine che si sta aprendo.
Per restare sui grandi numeri, la medicina generale, considerando un’età di pensionamento a 67 anni, vedrà uscire in cinque anni (2016-2020) circa 15mila professionisti, a fronte dei 5mila in entrata (meno di 900 diplomati l’anno). A invarianza di borse e norme sul pensionamento, il conto è presto fatto: la MG perderà 20mila unità entro il 2025.
Il tavolo sulla medicina convenzionata cui la Fnom partecipa da mesi con Regioni, Miur e ministero della Salute punterebbe a sventare proprio questa emorragia, ma la corsa ai ripari procede al ralenti e il “boccino”, spiega ancora Stella, «è in mano alle Regioni che devono decidere se e quante risorse in più destinare alla formazione, aumentando il numero delle borse».
Se la convenzionata piange, per i dipendenti non si propetta un futuro più roseo: da qui a 10 anni usciranno dai 50 ai 65mila camici bianchi dal comparto pubblico. Tra blocco del turnover, mancata stabilizzazione dei precari e contratto ancora fermo, l’auspicioè che le attuali 6.100 borse, a invarianza di accessi e di numero di laureati, possano crescere fino a 8mila.
Richieste ormai datate, e che fino a oggi non hanno avuto una risposta esauriente. I medici moltiplicano gli annunci di stati di agitazione e minacce di sciopero e da ultimo ieri hanno chiesto a Governo e Regioni un aumento del Fondo sanitario nazionale e delle risorse per contratti e convenzioni, ricordando i sette anni di blocco contrattuale e la questione precari. «In questi giorni – dichiara Roberta Chersevani, Presidente Fnomceo – i nostri governanti parlano di ripresa in molti settori e di uscita dalla crisi. Non si sente però mai parlare di salute. Eppure, la popolazione deve sempre più spesso ricorrere all’out of pocket per accedere a prestazioni sanitarie in tempi utili. Abbiamo ridotto i posti in ospedale e non abbiamo potenziato il territorio. Dobbiamo essere preoccupati tutti e tutelare un sistema sanitario universale, sostenibile e di qualità».
«Il quadro che viene fuori – sintetizzano dall’Anaao – è quello di un esodo biblico dal Ssn di 85.000 medici nel prossimo decennio e la prospettiva di una desertificazione professionale, quantitativa e qualitativa, di ospedali e territori, cure primarie e cure specialistiche.
Restiamo convinti che la via maestra sia quella adottata in tutta Europa, vale a dire l’assunzione nel Ssn di tutti i laureati, in coerenza con il fabbisogno del Ssn, con un contratto a tempo determinato finalizzato al completamento del percorso formativo, quindi aggiuntivi alla dotazione organica calcolata ai fini assistenziali, un diritto oltre che il requisito per l’accesso al mondo del lavoro». (Fonte: Il Sole24Ore Sanità)