Smi-Lazio: “Subito attivazione Unità Speciali di Continuità Assistenziale per l’emergenza Covid-19″

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Sebbene la Costituzione italiana riconosca Stato e Regioni come entità appartenenti allo stesso sistema repubblicano, tra norme statali e norme regionali vi è spesso separazione piuttosto che integrazione. L’esempio più eclatante, che ci riguarda da vicino in questo momento di emergenza sanitaria, è quanto accaduto nello scorso mese di marzo. 

Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto Legge 9 marzo 2020 n. 14 recante “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza COVID-19”, in data 25 marzo il Ministero della Salute pubblica un “Aggiornamento delle linee di indirizzo organizzative dei servizi ospedalieri e territoriali in corso di emergenza COVID-19”. (Consulta l’esposto dello SMI Nazionale alla Regione Lazio)

I due documenti sono concordi e categorici nell’affermare che l’istituzione delle Unità speciali di Continuità Assistenziale (UsCA) svolga un ruolo essenziale nella gestione domiciliare dei pazienti affetti da coronavirus e che non necessitano di un ricovero ospedaliero. Alle UsCA viene così affidata una nuova fase nell’evoluzione della pandemia, caratterizzata dal potenziamento e consolidamento della Medicina territoriale, in particolare la Medicina Generale già attiva fin dagli esordi dell’emergenza infettiva a vari livelli organizzativi e funzionali.

Con le UsCA è di fatto possibile la completa presa in carico, la sorveglianza e la cura tanto dei pazienti in quarantena o isolamento fiduciario quanto dei soggetti sintomatici, con un particolare riguardo a quelli ritenuti più vulnerabili sul piano sociale: basti pensare agli anziani, ai cronici, ai malati oncologici, agli immunodepressi, per i quali il proprio domicilio rappresenta il luogo di cura migliore anche sul piano affettivo e relazionale.

Il documento ministeriale ha indicato le UsCA come già “istituite ai sensi dell’art. 8 del Dlg 9 marzo 2020 n.14”, perché lo stesso decreto legge ne aveva stabilito l’attuazione “entro dieci giorni dall’entrata in vigore”.

Mentre altre Regioni si stanno muovendo in questa direzione, la Regione Lazio ha disatteso queste indicazioni ritenendo di poter fronteggiare l’epidemia con una propria e autonoma Ordinanza in materia di igiene e sanità pubblica, la n. Z00009 del 17 marzo 2020. Ciò che per lo Stato è un presidio irrinunciabile e ineludibile, per la Regione Lazio è una semplice opzione: all’ultimo comma del punto 10 l’Ordinanza prevede “di valutare l’eventuale attivazione delle Unità speciali di Continuità Assistenziale per l’assistenza a domicilio nei pazienti COVID positivi”. Non vi nascondo la mia personale delusione, non fosse altro perché in altre occasioni le istituzioni regionali del Lazio si sono mostrate più attente alle istanze socio-sanitarie provenienti dal territorio!

In qualità di Vice-Segretario del Sindacato dei Medici Italiani – Smi-Lazio, nonché membro del Comitato regionale per la Medicina generale, vorrei ricordare alcuni principi della nostra illuminante Costituzione che sebbene non violati – non potrei certo essere io ad affermarlo – sembrano almeno in parte elusi in questa vicenda: art. 3 (uguaglianza e pari dignità sociale di tutti i cittadini); art. 5 (indivisibilità della Repubblica); art. 120 (il potere del Governo di sostituirsi alle Regioni, nella tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali).

Ritengo che l’attuazione delle UsCA nella Regione Lazio, analogamente a quanto avviene in altre realtà, non possa subire ulteriori ritardi e che la nostra sigla sindacale sia in grado di offrire sia alla Regione che alle Aziende Sanitarie suggerimenti e idee per dare a questo importante servizio il miglior profilo organizzativo e funzionale.

La necessità di consentire ai pazienti COVID positivi di essere assistiti a proprio domicilio non può essere garantita dalla sola telesorveglianza e teleassistenza, come contemplato dall’Ordinanza regionale con una eccessiva enfasi e un non ben  precisato investimento economico, ma deve essere la giusta coniugazione di tre aspetti specifici:

a) l’integrazione ospedale-territorio e un coordinamento distrettuale di tutte le attività svolte;

b) la presa in carico e il monitoraggio dello stato di salute dei pazienti all’interno di una rete assistenziale in cui sia chiaro e definito il ruolo di tutti gli attori coinvolti (medici, infermieri, caregivers e volontari);

c) la garanzia di un elevato livello di contenimento del contagio e delle più elevate norme si sicurezza per gli operatori che si recano a domicilio di tali pazienti.

Certo sugli aspetti tecnici ci sarebbe molto da chiarire, il decreto legge si è limitato a fornire elementi generali e d’indirizzo programmatico che il Ministero della Salute ha meglio esplicitato nelle linee guida, ma credo che la specificità del servizio svolto dalle UsCA meriti a breve e senza indugi un confronto, un dialogo aperto e proficuo tra tutti coloro che hanno a cuore la salute pubblica e il benessere dei cittadini.

 

 Ermanno De Fazi

 Vice-Segretario SMI Lazio