Reato di rifiuto di atti d’ufficio se il medico di guardia rifiuta di visitare il paziente - La Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 328, comma 1, c.p. , il giudice di merito ben può controllare l’esercizio della discrezionalità tecnica da parte del medico e concludere che esso trasmoda in arbitrio, se tale esercizio non risulta sorretto da un minimo di ragionevolezza ricavabile dal contesto e dai protocolli medici per esso richiamabili. Pertanto, ove sussistano condizioni di urgenza ed indifferibilità dell’atto sanitario richiesto dal personale infermieristico, il medico ha comunque l’obbligo di recarsi immediatamente a visitare il paziente al fine di valutare direttamente la situazione.
FATTO E DIRITTO: La Corte di appello di Firenze con sentenza del 7.7.2015 ha confermato la condanna di (Omissis) alla pena di mesi quattro di reclusione per il reato di cui all’art. 328 c.p. commesso il 6.11.2007. Si è accertato che il dottor (Omissis), medico di guardia, in servizio nell’orario 20,00/7,00 presso la Casa di Cura Valdisieve, richiesto, a partire dalle ore 20,00, dal personale paramedico di un atto del suo ufficio che per ragioni di sanità doveva essere compiuto senza ritardo, rifiutava di recarsi al posto letto di (Omissis) ivi ricoverato con diagnosi di febbre e disidratazione in paziente affetto da varie patologie tra le quali cardiopatia ipertensiva, diabete, sindrome ansioso-depressiva, decadimento cognitivo, fino all’intervenuto decesso di questi, avvenuto alle 23,55.
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La Corte di appello ha confermato la dichiarazione di responsabilità del (Omissis) sulla scorta delle convergenti dichiarazioni rese dal figlio del paziente (Omissis), dalla infermiera (Omissis) e del contenuto della documentazione, nella quale sono registrate le condizioni del paziente, passato, nell’orario in cui il dr. (Omissis) era in servizio e presente in Clinica, in una stanza adiacente a quella di degenza del (Omissis) da uno stato di agitazione, ad uno stato di letargia e, infine, alla morte. I testi hanno riferito che il dottor (Omissis) , a tanto sollecitato dai familiari e dall’infermiera che gli rappresentava le condizioni del (Omissis), non si era mai recato al capezzale del paziente al quale si era limitato a prescrivere, con direttive impartite all’infermiera, prima un farmaco tranquillante e poi dell’ossigeno per la riscontrata crisi respiratorie.
La Corte di Cassazione ha affermato che, ai fini dell’applicabilità dell’art. 328, comma 1, c..p. , il giudice di merito ben può controllare l’esercizio della discrezionalità tecnica da parte del sanitario e concludere che esso trasmoda in arbitrio, se tale esercizio non risulta sorretto da un minimo di ragionevolezza ricavabile dal contesto e dai protocolli medici per esso richiamabili. Si è, dunque, legittimamente ritenuto dai giudici di merito che, pur in presenza di condizioni difficili nelle quali il paziente versava già al momento del ricovero note al sanitario attraverso la documentazione sanitaria, il comportamento del dottor (Omissis) ha integrato il rifiuto di atti di ufficio poiché esula da ogni preteso esercizio della discrezionalità il fatto che il ricorrente non fosse intervenuto per una visita diretta dopo che il personale infermieristico aveva segnalato la progressiva ingravescenza, fino alla letargia, delle condizioni di salute del ricoverato. Neppure la riscontrata letargia del paziente, situazione di urgenza, questa, così da escludere ogni margine di discrezionalità, ha indotto il dottor (Omissis) a verificare le condizioni di salute del paziente, essendosi limitato a prescrivere la somministrazione di ossigeno, poiché è pacifico che egli si recò nella stanza di degenza solo a decesso avvenuto.
Pienamente sussistente, alla luce delle informazioni che l’infermiere e i congiunti del ricoverato veicolavano al dottor (Omissis) è anche l’elemento psicologico del reato, poiché il sanitario veniva messo di fronte a circostanze indifferibili ed urgenti che richiedevano la sua attivazione. Infondato è infine il primo motivo del ricorso correttamente e, in linea con l’inequivoco contenuto della contestazione, i giudici di merito hanno ritenuto configurabile l’ipotesi di cui al comma 1 dell’art. 328 c.p., avendo accertato l’indebito rifiuto della visita che il (Omissis), senza ritardo, avrebbe dovuto compiere. Del tutto privo di fondamento è l’assunto secondo il quale la configurabilità del reato in parola ricorre solo con riguardo all’attività del medico di guardia che ometta di recarsi a visitare il paziente presso il proprio domicilio non già all’attività del sanitario che presti la propria attività di medico di guardia presso una struttura ospedaliera poiché il degente è assistito da personale infermieristico dedito a monitorarne le condizioni fisiche ed i parametri vitali e che, in tal caso, la valutazione del sanitario si fonda su dati clinici e strumentali assai più fondanti di quelli del medico di guardia contattato direttamente dal paziente.
Nella fattispecie in esame i giudici del gravame, in sintonia con gli enunciati principi hanno correttamente esaminato e valutato le emergenze processuali alla stregua dei rilievi e delle censure formulate nell’atto di appello e sono pervenuti alla conferma del giudizio di colpevolezza con puntuale e adeguato apparato argomentativo, ritenendo anzitutto estranea al giudizio sulla condotta dell’imputato la circostanza che il paziente fosse poi deceduto e valorizzando le condizioni di urgenza ed indifferibilità dell’atto sanitario richiesto dal personale infermieristico, in una situazione di oggettivo rischio per il paziente, ormai in stato di letargia: in questi casi il medico ha comunque l’obbligo di recarsi immediatamente a visitare il paziente al fine di valutare direttamente la situazione, soprattutto se a richiedere il suo intervento sono soggetti qualificati – come è accaduto nella specie -, in grado cioè di valutare la effettiva necessità della presenza del medico). (Fonte: Fnomceo)